Cultore di storia del territorio, Vittorio Alberganti ha pubblicato nel dicembre 2018 su La Voce, periodico a cura dell’Amministrazione Comunale di Cornate d’Adda, uno stralcio della ricerca storica che ha condotto circa la settecentesca palla di cannone rinvenuta a Villa Paradiso nel luglio precedente. Per gentile concessione dell’autore, proponiamo qui la versione integrale di quella stesura.
Nel luglio 2018, nel corso di lavori per il consolidamento di un muretto perimetrale del Ristorante Castello di Villa Paradiso (Cornate d’Adda), lato scarpata verso l’Adda, il proprietario Gianluigi Stucchi ha rinvenuto una sfera di ferro del diametro di circa 13 cm e del peso di 10 Kg. Del ritrovamento ha informato due suoi amici, Vittorio Alberganti e Guido Stucchi, sapendoli buoni conoscitori di storia locale. Subito si è pensato ad una palla di cannone sparata all’inizio del 1700 durante un episodio più volte ricordato. Già il Meani, quell’Edoardo segretario comunale di Cornate dal 1867 al 1909, nel suo libro Cenni storici e statistici sul Comune di Cornate dedica una pagina all’evento:
Fedele Molteni, il non dimenticato studioso di storia locale fondatore nel 2005 della Pro Loco Cornatese, aveva approfondito l’argomento in due sue opere: L’INTRECCIO…tra la storia di Cornate d’Adda e la storia italiana e, in particolare, Il mistero dei mort de san Cerech e di campo san Maurizio. Nell’INTRECCIO riportava anche la fotografia di una delle palle di cannone rinvenute nell’area di Villa Paradiso:
Peso e dimensioni coincidono con quella ritrovata nel muretto e da annoverarsi quindi tra quelle sparate il 14 agosto 1705 dalle batterie austriache schierate da Eugenio di Savoia a Suisio. La particolarità del ritrovamento nel punto di impatto consente di ipotizzare la posizione del pezzo di artiglieria.
Con questa ipotesi la distanza percorsa dalla palla è di 850 m e si possono così azzardare alcune considerazioni balistiche non prima di qualche breve nota sulla storia dell’artiglieria. Quando il primo colpo di cannone esplose fragorosamente su un campo di battaglia, dando avvio alla più grande “rivoluzione” della storia militare, il materiale che fece da propellente al proiettile non fu la polvere da sparo, ma la mente degli uomini. Quel giorno era iniziata la corsa a rendere sempre più letale il connubio tra un tubo metallico e il suo contenuto, una gara intellettuale durata secoli. L’invenzione della polvere da sparo, miscuglio di salnitro, carbone di legna e zolfo, è immersa nelle nebbie della storia. Forse i Cinesi disponevano già prima dell’anno mille di qualche mistura incendiaria, più simile ai fuochi di artificio in realtà che alla polvere da sparo, basata sul salnitro. È infatti questo sale la componente fondamentale della polvere da sparo, perché contribuisce al composto con le sue qualità ossidanti fornendo l’ossigeno necessario affinché il carbone di legna finemente triturato bruci così velocemente da produrre un’esplosione. L’accensione della polvere provoca la subitanea produzione di gas che moltiplicano il volume originario della miscela e generano l’effetto esplosivo.
Tutto apparentemente semplice, eppure tutto anche tremendamente complesso, perché imbrigliare l’energia prodotta dalla polvere da sparo e scoprire come usarla efficacemente in guerra fu un lento processo secolare alimentato dalle menti di innumerevoli protagonisti. La prima “ricetta” affidabile della polvere da sparo è descritta dal frate francescano e alchimista inglese Ruggero Bacone a metà del XIII secolo nell’opera De Secretis Operibus Artis et Naturae, ma la granata esplosiva suggerita dal francescano alchimista, però, non fu la prima linea di utilizzo della polvere da sparo. Nei primi decenni del Trecento in tutta Europa sono infatti già diffuse le armi da fuoco, la cui sola presenza è sufficiente per costringere alla resa fortificazioni considerate imprendibili: è un “vaso di ferro” dal quale fuoriesce una pesante freccia scagliata contro le mura di una città, mentre un artigliere innesca l’esplosione con un ferro incandescente infilato in un foro dell’ordigno. La forma è proprio quella di un vaso, forse perché familiare ai fonditori di campane che erano gli unici all’epoca ad avere le necessarie competenze metallurgiche. Ben presto, però, i cannoni assunsero la forma tubolare e da quel tubo si continuarono a sparare grosse frecce, ma anche, e presto soprattutto, palle di ferro e di pietra: queste ultime con il vantaggio della comodità di poterle preparare direttamente sul luogo del combattimento.
La metallurgia dovette rispondere alla “esplosiva” domanda di armi con un enorme sforzo organizzativo e inventivo. Venne utilizzato ogni tipo di metallo e di lega, scegliendo poi prevalentemente bronzo e ferro, gli unici abbastanza resistenti da garantire un uso sufficientemente sicuro e prolungato nel tempo. Dalla collaborazione tra militari, fonditori e artiglieri nacquero armi sempre più efficaci, letali e specializzate: tozzi mortai a tiro curvo e gigantesche bombarde per gli assedi, più agili colubrine, falconi e falconetti in battaglia. Con l’invenzione nel Quattrocento degli orecchioni, perni che si prolungano ai lati della canna fissandola all’affusto, il tiro può essere elevato a piacimento, mentre dotando gli affusti di ruote si conferisce alle artiglierie una prima rudimentale mobilità. La guerra dei Cent’Anni (1337–1453) tra Francia e Inghilterra è il primo conflitto che vide un uso esteso delle artiglierie, ma fu solo con la campagna d’Italia del re francese Carlo VIII, tra il 1494 e il 1497, che venne formato il primo vero treno di artiglieria: 300 pezzi di cui 70 d’assedio! Tra i più coinvolti nello sviluppo dei cannoni non poteva mancare Leonardo da Vinci con i suoi studi sulla balistica, sulle tecniche d’assedio, e giungendo persino a progettare un predecessore del carro armato. L’eccezionale capacità di osservazione di Leonardo riuscì a fissare nei suoi disegni la parabola di volo dei proiettili esplosivi lanciati da un mortaio, ipotizzando anche il primo esempio di bombardamento a tappeto, realizzato mediante il successivo spostamento di una ghiera dentata che orientava l’alzo del pezzo. Il Seicento porta i primi studi scientifici sulla balistica con Francois Blondel (1618-1686) che applica all’artiglieria l’opera di Galileo Galilei sulle leggi del movimento.
Che cosa succede dentro un cannone? L’accensione della polvere da sparo genera una violentissima produzione di gas equivalenti a circa otto volte il volume originario della polvere. La sfera di ferro contenuta nella canna ottiene così una spinta verso l’esterno. Nel 1685 Francois Blondel spiegava che un proiettile era immediatamente attirato dalla forza di gravità appena lasciava la bocca del cannone e avrebbe toccato terra nel medesimo momento che se la stessa palla fosse lasciata cadere perpendicolarmente al suolo.
Da un pezzo di artiglieria per l’artigliere partono 3 linee: la linea A-B che collega lo sguardo dell’artigliere al suo bersaglio, la linea D-F che corre lungo il centro del pezzo, e infine la curva E-B che è la parabola effettuata dal tiro. La palla non sale mai sopra la linea D-F al centro del pezzo e durante la sua corsa attraverserà due volte la linea A-B (detta linea di zero). La parabola seguita sarà asimmetrica: ovvero le sue due sezioni E-G e G-B, dove G è il punto più alto raggiunto dal proiettile, sono di lunghezza diversa, essendo la prima più lunga della seconda. La cinematica consente di determinare il tipo di moto di un corpo lanciato sulla superficie della Terra con una velocità iniziale V0 e determinare il tipo di moto che ne consegue. La direzione di lancio formera’ un angolo α con la linea orizzontale della Terra:
Nella realtà il moto non si svolge su una retta e occorre proiettare il moto lungo i due assi e studiarli indipendentemente l’uno dall’altro.
Considerando il vettore velocita’ lungo i due assi si ottiene:
E’ come lanciare due corpi, uno lungo l’asse x, con una velocita’ iniziale V0x e l’altro lungo l’asse z con velocita’ iniziale V0z.Tutti i corpi lanciati verso l’alto sono sottoposti ad una accelerazione di gravita’ g rivolta verso il basso e il moto lungo la verticale è un moto uniformemente accelerato. Risolvendo una serie complessa di equazioni si ottiene l’espressione finale della gittata Xg:
Tornando al cannone che nel 1715 sparò da Suisio, dal peso della palla, 10 Kg; possiamo individuarlo come un pezzo da 18 libre, classica misura per l’artiglieria da campagna dell’epoca. Ben 3.500 libre (quasi 2 tonnellate!) era il peso complessivo. Dal punto di ritrovamento della palla, seppure con qualche approssimazione circa la posizione del pezzo a Suisio, siamo risaliti alla gittata di 850 m, e ipotizzando una velocità iniziale 90 m/sec, all’angolo α con il quale la bocca da fuoco è stata inclinata: 310 (sin 2 α = 850xg : 902).
1700 – Almeno 5 serventi per ogni pezzo
La postazione riprodotta a seguire in queste stampe di inizio ‘700 non è molto dissimile da quella che il 14 agosto 1705 sparò su Villa Paradiso. Questa “cannonata” riemersa casualmente dal passato è anche l’occasione per ricordare lo sparatore, il Principe Eugenio di Savoia – Soissons, canonizzato come SanCerech dagli abitanti di Porto, passato dalla corte del Re di Francia di Luigi XIV alla corte di Leopoldo I d’Austria diventando un prestigioso comandante colmato di onori.
Sistemata in una teca all’ingresso del ristorante Al Castello, questa palla di cannone riaffiorata dal passato ricorda oggi un pezzo di storia europea.
Vittorio Alberganti
1 thought on “Villa Paradiso, una cannonata dal passato”