Nei territori milanesi soggetti per un millennio alla Pieve di Pontirolo Vecchio, ambrosiana ma di rito Patriarchino, ecclesiastico e civile si intersecano, chiese, santuari e torri continuano a richiamarci l’Evo antico e ci fanno risentire l’eco della presenza memorabile della grande regina Teodolinda.
Ci troviamo nella porzione nord-est della Martesana, rivierasca dell’Adda, gravitante nel religioso, fino al Concilio di Trento, sull’antichissima Pieve, al di là del fiume, di Ponte Aureolo (Pontirolo-Canonica) ambrosiana si, ma con differente rito, quello Patriarchino. Di Canonica si sa quale sia stata l’origine civile. Siamo nel III secolo d.C., nel periodo chiamato dei cinquanta tiranni, perché nell’arco di 50 anni, dalla morte di Alessandro Severo (anno 237 all’avvento di Diocleziano (anno 286) si erano succeduti ben 50 imperatori, nessuno dei quali morto di morte naturale. Uno di questi, Gallieno, residente stabilmente a Milano, veniva assassinato nel 268 probabilmente da Marco Acilio Aureolo, comandante della cavalleria imperiale, che ambiva a succedergli.

Tra Vaprio e Canonica d’Adda, sulla sinistra il Martesana, sulla destra l’Adda dove si affaccia l’antica chiesa capo Pieve di San Giovanni Evangelista di ‘Pontirolo Vecchio’ – Foto di Maurizio Ferrandi
I Pretoriani invece proclamarono nuovo imperatore il generale Marco Aurelio Claudio (Claudio II, detto il Gotico per avere guerreggiato e vinto i Goti) il quale sfidò in battaglia Aureolo sconfiggendolo sull’Adda là dove un guado segnava il passaggio della strada Milano-Aquileia e sul luogo, in onore del valoroso avversario, fece realizzare un sepolcro e porre una epigrafe riportata dallo storico milanese Andrea Alciati a pag. 134/35 della sua “Antiquae inscriptiones veteraq[ue] monumenta patriae”, ed un ponte che prese il nome di questi: Pontis Aureoli, col tempo Pontirolo ‘Vecchio’, dopo la costruzione e la separazione di Pontirolo Nuovo (costruita più a sud a seguito della distruzione del borgo vecchio da parte del Barbarossa) e più tardi ancora, Canonica, con riferimento allo stuolo numeroso di Canonici cui era provvista l’insigne ed estesa Pieve.
Non altrettanto semplice datare la nascita della Pieve pur essa antichissima, ritenuta tra le prime in Lombardia, per l’assenza di documenti probatori, anche se alcuni studiosi la fanno risalire al VI secolo, attribuendola alla regina Teodolinda, che già aveva fondato l’attigua basilica di Sant’Alessandro di Fara Autarena (la Fara del suo primo marito Autari), e dotato questa seconda di San Giovanni Evangelista in Ponte Aureolo di numerosi beni, sottraendola al controllo dell’autorità episcopale, così da dare al Prevosto una funzione ad essa quasi equivalente. Scorriamo al riguardo le interessanti congetture di Don Piero Perego e Andrea Possenti in “Da Ponte Aureolo a Canonica – La chiesa di San Giovanni Evangelista – Tipolito CFV Treviglio 2005”:

Bonate Sotto – Basilica di Santa Giulia, in alto sacello piramidale con epigrafe che la tradizione vorrebbe di Tatiana, figlia della regina Teodolinda – Foto di Maurizio Ferrandi
“Non solo a Pontirolo Vecchio scorre sul ponte un notevole traffico nei due sensi, dovuto soprattutto alla Via Militaris che nella sua diramazione per Milano, proprio qui attraversa l’Adda, ma presso il ponte vi sono alberghi, stazioni di cambio per i cavalli, armerie, officine per i cariaggi, un caravanserraglio per mettersi al sicuro, botteghe, abitazioni per famiglie stanziali con ospedale, tempio e mercato. Con i viaggiatori, anche una comunità, seppur piccola di operai e di lavoratori della terra: un villaggio o un borgo.
E’ noto che il Cristianesimo si è sviluppato subito nelle città: le persecuzioni lo attestano; mentre il territorio rurale, attaccato alle proprie tradizioni ancestrali, all’interno di boschi e isolato per mancanza di strade e mercati, incontrò molto tardi la ‘Buona Notizia Cristiana’.
I Celti divisero il territorio dell’attuale Pianura Padana in ‘Pagi’, e l’occupazione romana rispettò le Circoscrizioni celtiche. I pagi erano amministrati dal ‘Magister Pagi’ o dal ‘Praefectus’, il quale curava anche le tradizioni sacre di carattere rurale, conservatesi tenacemente nei secoli, chiamate ‘Paganalia’, cioè feste dei contadini del pago. Con il Cristianesimo furono chiamati ‘pagani’ i seguaci del culto idolatrico.

Aquileia – Cattedrale, tomba del Patriarca Raimondo Della Torre: arciprete di Monza, vescovo di Como (1262), arcivescovo eletto di Milano, antagonista di Ottone Visconti (1272), e Patriarca di Aquileia (dal 1273 al 1299, anno della morte) – Foto di Beppe Maridati
Papa Gregorio Magno (540-604) lamenta la lenta e faticosa penetrazione del cristianesimo nelle campagne e invita i vescovi urbani, in tempi che videro la rovina di ogni organizzazione e l’abbandono delle campagne, le invasioni, le guerre, le pestilenze e la fame, ad avere cura delle piccole comunità e chiese sul territorio munite del Fonte Battesimale che divennero le prime Pievi”.

Colnago – Via carotte, Torre del XIV secolo, ora abitazione privata
Già che ci siamo vale la pena spiegare il perché della eccezione del rito in questa Pieve per il resto ambrosiana, cosa che supporta anche la tesi dell’antichità della sua fondazione. Si deve risalire infatti alla metà del VI secolo ed allo scisma, chiamato dei ‘Tre Capitoli’, alla cui origine c’è la condanna, per volere dell’imperatore Giustiniano, comminata dal Concilio di Costantinopoli da lui espressamente convocato nell’anno 553, di tre affermazioni (o capitoli di un contesto teologico) di tre teologi orientali che il precedente Concilio di Calcedonia nell’anno 451 aveva invece approvate. Dopo infinite vessazioni e minacce contro la sua persona, Papa Vigilio finisce col concedere tale condanna, mentre non vi aderiscono, dando corpo allo scisma, le chiese delle province ecclesiastiche di Milano e Aquileia, quest’ultima anzi, in più, coglie il pretesto per adottare un rito suo proprio: ‘Patriarchino’ con inflessioni orientali, fatto proprio e praticato sin dall’origine nelle Pievi rurali di Pontirolo e Palazzo Pignano e che qui resistette fino alla seconda metà del XVI secolo, perdurando quindi per un millennio.

Cornate d’Adda frazione di Colnago – Corte della Villa Iodani Sandroni (XVII secolo) ora Biblioteca civica
Il rito ‘Patriarchino’ fu introdotto anche a Monza, dove la regina Teodolinda, cattolica ma scismatica aquileiana costruisce la Basilica di San Giovanni Evangelista. Va ricordato che Milano, dopo due anni, torna alla comunione con Roma, mentre Como suffraganea di Aquileia sino al 1751, manterrà tale rito anche dopo e cioè fino al tempo del vescovo Carsana (1872-1887) che definitivamente lo abolirà. Le Pievi, le chiese e le diocesi ‘patriarchine’ hanno successivamente adottato il rito romano così è per Monza e Treviglio, pur essendo le due realtà comprese nella Diocesi ambrosiana di Milano.
La Pieve di Pontirolo esercitava la sua giurisdizione su di un territorio assai vasto comprendente ben 36 paesi dislocati su entrambe le sponde dell’Adda e, dopo la fissazione dei confini tra Ducato di Milano e Repubblica di Venezia, sul territorio di entrambi gli Stati. Nella bergamasca la giurisdizione ecclesiastica della Pieve pontirolese giungeva quasi alle porte di Bergamo, con Dalmine, Osio e Verdello, comprendeva a sud Treviglio, Terra separata del Ducato di Milano, e, nell’Adda milanese: Vaprio d’Adda, Verderio Inferiore e Superiore, Cornate d’Adda, Colnago, Pozzo d’Adda, Grezzago, Trezzano Rosa, Basiano, Roncello, Busnago e Porto d’Adda.

Busnago – La Torre dei Germani, una delle quattro cui si componeva il sistema difensivo del paese
La sua importanza è testimoniata dalla bolla 23 giugno 1155 di Papa Adriano IV con la quale il Pontefice pose la chiesa di San Giovanni Evangelista, sede del Capitolo della Pieve, sotto la protezione della Sede Apostolica infliggendo la scomunica a quanti avessero osato agire a svantaggio dei suoi possedimenti. Una lettera dello stesso Papa del 3 novembre 1155, testimonia l’antichità della Pieve precisando che le decime spettavano già anticamente alla chiesa di Pontirolo, il cui Capitolo era costituito da una ventina di canonici e retto da un Prevosto. Alla chiesa pievana facevano capo tutti i 36 paesi per la celebrazione dei più importanti riti religiosi quali il battesimo, la cresima e il matrimonio. Il Capitolo provvedeva al proprio sostentamento con l’imposizione della decima oltre a trarre notevoli rendite dalle estese proprietà fondiarie. Il Prevosto godeva di poteri e benefici non indifferenti sia di natura ecclesiastica che civile, vari documenti ne attestano l’autorità quasi vescovile, nonché l’amministrazione della giustizia civile.
Nei secoli XV e XVI l’abuso di queste prerogative, la condotta poco esemplare del clero che conduceva vita ‘corrotta’, talvolta lontana dal Capitolo e dalle parrocchie dipendenti e incurante delle anime, indussero l’arcivescovo Carlo Borromeo, in attuazione delle direttive del Concilio tridentino appena concluso, a sciogliere nel 1577 la Pieve, trasferendone i beni ed i diritti alla chiesa di Santo Stefano in Broglio a Milano e successivamente tripartendo le parrocchie in tre Vicariati: Trezzo, per quelle ubicate sulla sponda milanese dell’Adda, Treviglio, per quelle della Terra Separata del Ducato al di qua del fiume, Verdello, per quelle ricadenti nel Territorio della Repubblica Veneta.
Busnago – La torre dei passeri, resti, di proprietà privata Colnago – via al Castello, antica Torre del XIII secolo, di proprietà privata
Nel civile e nel penale la giurisdizione di Busnago, da tempo immemorabile esercitata dal Prevosto di Pontitrolo, era già stata trasferita, dall’imperatore Carlo V, con decorrenza 18 ottobre 1538 a Pagano d’Adda (per sé e successori) mediante l’investitura del feudo di Bucinago (Busnago) con Basiano, Castellazzo, Monastero di Basiano, Concesa, Colnago, Cornate e Roncello, devoluto dopo oltre un secolo alla Camera, per la morte senza eredi diretti del marchese Ambrogio d’Adda. Busnago e Roncello, furono dati, l’11 maggio 1652, a Gian Giacomo Schiaffinati, che per diploma dell’imperatore Filippo IV, 29 luglio 1665, divenne conte di Roncello e Busnago, titolo creato in tale circostanza, ma nuovamente retrocesso alla Camera per la morte del canonico del Duomo di Milano mons. Schiaffinati, ultimo erede, che a Busnago viveva nella settecentesca villa di famiglia. Una terza ed ultima assegnazione del titolo comitale avvenne in data 21 luglio 1756 al conte Giuseppe Alemagna.
I segni ancora evidenti dell’antico passato di Busnago sono le quattro torri di cui si vedono ancora i resti, rifacimenti delle fortificazioni longobarde che secondo la leggenda la regina Teodolinda avrebbe fatto erigere a difesa della strada che da Trezzo portava a Monza, sulla quale sarebbero transitate le grosse pietre utilizzate per la costruzione dei principali edifici medioevali di Monza e di Milano (e ciò fino alla realizzazione del Naviglio Martesana).

Colnago – via al Castello, antica Torre del XIII secolo, dettaglio
Disposte a quadrilatero, secondo la struttura del villaggio, chiuso dal varco e dal fossato da esso derivato, erano probabilmente unite da una cinta muraria che correva dietro al fossato. Le torri sono oggi chiamate torre dei Germani, torre della Colombera, torre dei Mugnai (di questa in verità non è rimasto nulla) , torre della Corte dei Noccioli. La torre dei Germani, databile al XII secolo, si trova in piazza Meda: prende il nome dal capostipite della famiglia dei Vimercati. Il muro è in ciottoli di fiume e mattoni, con basamento a scarpa, ma il recente restauro ha purtroppo comportato l’uso dell’intonaco. L’arioso portale d’accesso alla corte è in pietra serena e risale al XVIII secolo. Tutto l’interessante complesso è stato purtroppo pesantemente rimaneggiato.
Secondo il Bazzi, la torre dei Germani con il fabbricato sul lato opposto del cortile apparteneva ad un più antico castello. La costruzione presenta molte affinità architettoniche e costruttive con le due torri presenti a Colnago in territorio di Cornate d’Adda, ma distanti solo un miglio da questa; probabilmente facevano tutte parte di un unico sistema difensivo di retroguardia, lungo l’antica strada longobarda.

Colnago – via al Castello, antica Torre del XIII secolo, dettaglio
Posto presso un guado del fiume, il territorio di Cornate ha rivestito notevole importanza strategica fin dall’epoca longobarda: dei due castelli esistenti in epoca medioevale, rimane soltanto una torre, trasformata nel campanile della Parrocchiale intitolata a San Giorgio. Il basamento, in blocchi di pietra locale con scarpa molto accentuata, è probabilmente riconducibile alle fondamenta della fortificazione del VIII secolo. Anche la tessitura muraria a mattoni e ciottoli di fiume alternati è un chiaro indizio della sua origine medioevale.
Nel territorio di Colnago rimangono intatte due torri quadrangolari, unici resti di un ben più vasto sistema di fortificazioni lungo il confine naturale dell’Adda, risalenti al XVI secolo: una è posta in via Case Rotte e presenta una struttura in ciottoli di fiume con spigoli in cotto, l’altra si trova in via Castello, nella parte orientale del paese; presentano struttura e caratteristiche molto simili ed entrambe sono state oggetto di recenti ed oculate opere di restauro per essere adibite ad uso privato.
Luigi Minuti
lminuti@libero.it
Uno studio storico del territorio non è mai fine a se stesso, aiuta a comprendere l’attuale sistema di relazioni tra i paesi, sia dal punto di vista sociale che amministrativo, che in molti aspetti mostrano i legami propri dell’antica Pieve.
Grazie e complimenti!
Mauro Colombo
Buongiorno Mauro. Grazie a te del nutriente commento: la lettura storica di un territorio consente davvero di comprenderne l’assetto odierno; emergono talora continuità inattese e “somiglianze di famiglia” tra Comuni che pure mantengono la loro inestimabile personalità.