Promettente candidatura Unesco, il Ponte di Paderno d’Adda pacifica le due sponde di Paderno e Calusco d’Adda, secolarmente nemiche sul liquido confine dell’Adda. L’opera, inaugurata nel 1889, raffigura la trasformazione industriale della valle da contadina a operaia. Le sue forme snelle ed eleganti, calcolate dall’ing. Julius Röthlisberger, fermano gli sguardi meravigliati dei visitatori. Cultore di storia locale, Vittorio Alberganti ci illustra la storia di quest’opera e le sue leggende.
Nel 1889 a Paderno d’Adda viene inaugurato il Ponte San Michele, considerato un capolavoro con i suoi 266 metri di lunghezza totale complessiva ma con una campata centrale principale di ben 150 metri di luce. È stato realizzato dalla Società Nazionale Officine di Savigliano, fondata a Torino il 17 luglio 1880. Julius Röthlisberger ne era il Direttore Tecnico. La prima ipotesi progettuale, che prevedeva un ponte a più piloni, con travatura in ferro ma a struttura rettilinea, era stato affidato alla Società per le Strade Ferrate Meridionali, già incaricata della costruzione del tracciato ferroviario.
Jules Röthlisberger
In conseguenza della manifestazione di interesse per la realizzazione da parte di alcune società attive all’epoca furono presentati quattro progetti, tra i quali il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici scelse la soluzione delle Officine di Savigliano, chiedendo la modifica della prima ipotesi progettuale, ovvero l’allungamento della corda dell’arco da 145 a 150 metri, e della lunghezza della travata da 224 a 266 metri. La Società Nazionale delle Officine di Savigliano dal 1885 al 1886 aveva realizzato ponti sull’Adda a Trezzo, sul Po a Casale Monferrato, sul Tanaro ad Asti.
Ponte di servizio Ponte di servizio
Il 22 gennaio 1887, a Roma, fu firmato il contratto, secondo il quale le Officine di Savigliano si impegnavano a eseguire l’opera in 18 mesi, ad un costo di 1.850.000 lire per il ponte, somma alla quale si aggiungevano 128.700 lire per le trincee di accesso. Il ponte di Paderno è il maggiore monumento italiano dell’architettura in ferro dell’800. Rappresenta una fondamentale testimonianza nella storia della Scienza delle Costruzioni. Progettato, come quello di Trezzo, dall’ingegnere svizzero Jules Röthlisberger, questi utilizzò per i calcoli di stabilità della struttura in modo rigoroso la teoria dell’ellisse di elasticità impostata da Carl Culmann e basata sulla proporzionalità tra sforzi e deformazioni.
Ferve il cantiere del ponte Ferve il cantiere del ponte Ferve il cantiere del ponte
Al ponte è legata una leggenda metropolitana secondo cui il progettista Röthlisberger si sarebbe suicidato prima del collaudo per timore di un fallimento: in realtà morì di polmonite il 25 luglio 1911 nella sua casa di Chaumont! Le leggende metropolitane sono quelle storie considerate troppo belle per non essere vere. Chi le racconta giura e spergiura che sono accadute in quel dato posto e che un suo amico di cui si fida ciecamente ne è stato testimone diretto. Non sono fatti veri, ma verosimili. Accadimenti misteriosi, affascinanti, belli da raccontare e da ascoltare. Tuttavia, a guardarle da vicino si intuisce che qualcosa non funziona. Per esempio: l’amico non è proprio un amico nel vero senso della parola, ma piuttosto è l’amico di un amico. Poi, il luogo in cui il fatto sarebbe accaduto è una certa città, ma non è possibile individuare la via esatta, tanto meno i nomi dei protagonisti e nemmeno la data. Così, la leggenda metropolitana è servita e si ripete uguale a se stessa negli anni. Sempre la stessa storia, magari solo con qualche dettaglio cambiato per aggiornarla ai tempi. Fra le più famose viene in mente quella della ragazza incontrata da sola e di notte per strada, alla quale si dà un passaggio in macchina, e che dimentica la borsetta coi documenti. Quando poi si va a casa sua per restituirglieli, si scopre che è morta anni prima. La leggenda è quella, da sempre, e al massimo al posto della macchina è stato inserito un calesse per contestualizzarla meglio. C’è tuttavia una leggenda metropolitana che sfugge a questa regola dell’indeterminatezza, che al contrario di tutte le altre leggende ha tutti i dettagli che servono per circoscrivere la storia e che dura oramai da più di un secolo. Stiamo parlando del Ponte di Paderno d’Adda e della leggenda della morte del suo inventore, che si sarebbe buttato di sotto il giorno dell’inaugurazione per paura di un crollo.
Particolari degli appoggi, mobili e fissi, della travata Prospetto della travata reticolare Insieme e apparecchi murari degli spalloni di imposta dell’arcata
Lo diciamo subito, anche perché basta cercare su wikipedia per scoprirlo: non è vero, l’ingegnere che progettò il ponte San Michele a Paderno d’Adda non è morto suicida ma è passato a miglior vita per colpa di una polmonite più o meno 20 anni dopo l’inaugurazione dell’opera. Ma allora, si chiederà qualcuno, com’è nata questa leggenda? Da dove arriva questa strana diceria che fra l’altro ha finito per attribuire una fama sinistra al ponte, teatro negli anni di numerosi suicidi? Per rispondere a queste domande dobbiamo procedere con ordine mettendo in fila tutti i fatti, così come fanno i bravi detective.
Il ponte di Paderno venne realizzato fra il 1887 e il 1889 per mettere in collegamento il comparto economico del milanese e quello della bergamasca, divisi dal fiume Adda. Il suo progettista fu l’ingegnere svizzero Julius Röthlisberger che all’epoca aveva poco più di 30 anni ed era direttore dell’ufficio tecnico della Società Nazionale delle Officine di Savigliano. In molti si erano fatti avanti per ottenere quella commessa, ma alla fine chi riuscì a spuntarla, anche grazie a un progetto ardito e spregiudicato che prevedeva di realizzare un ponte su di un’unica campata, fu Röthlisberger. Il costo di realizzazione dell’opera, che aveva iniziato a far discutere ancora prima che iniziassero i lavori, fu di poco meno di due milioni di lire. Tempo di realizzazione: due anni. I dati tecnici dicono che il ponte è lungo 266 metri e che si trova ad un’altezza di 85 metri rispetto alla quota del fiume. Ha una struttura ad arco, realizzata interamente con travi inchiodate con due i livelli di percorribilità, sopra le auto, sotto i treni. Per l’importanza storica è paragonabile alla Torre Eiffel, costruita negli stessi anni e con le stesse tecnologie, entrambe divenute il simbolo dello sviluppo industriale per i rispettivi paesi. All’epoca della sua costruzione, il Ponte San Michele aveva pochi rivali per ampiezza e riuscita d’opera. Non a caso, dopo Crespi d’Adda e la Mura venete di Bergamo, potrebbe divenire il terzo Patrimonio dell’Umanità della provincia bergamasca: la sua candidatura “trasversale” è stata avanzata nel 2017 di concerto con altri siti europei di natura simile.
Sezioni della travata e cassone reticolare ad uso promiscuo Particolari delle spalle della travatura Particolare d’imposta dell’arcata e apparecchi di appoggio delle briglie con cunei di regolazione
Come già detto, il Ponte di Paderno è stato realizzato con le stesse tecnologie e negli stessi anni della Tour Eiffel di Parigi. E fin qui va tutto bene, sembra una storia assolutamente normale. Anzi, una bella storia di progresso e sviluppo senza fatti anomali tali da giustificare leggende così terribili come quella che vuole il progettista del ponte morto suicida. Tuttavia, guardando bene fra le pieghe del giorno dell’inaugurazione qualche indizio salta fuori. Il primo è legato al meteo. Il ponte di Paderno fu infatti inaugurato in una piovosissima giornata di fine maggio. L’acqua veniva giù a catinelle, un vero diluvio, che però non fermò le prove di carico. Durante il passaggio del treno che serviva a testare la tenuta, uno degli operai che stavano ancora lavorando fra i tralicci scivolò, perse l’equilibrio e cadde nel vuoto (cfr. Storie dimenticate, che riferisce da una coeva uscita del Corriere della Sera).
Per un attimo sembrò che potesse evitare il volo. Una fune penzolante gli aveva offerto un appiglio, ma la presa dell’uomo non fu abbastanza ferrea e così finì nell’Adda con un tonfo sordo. Tutti si aspettavano di vedere riemergere un cadavere e invece, miracolo: l’uomo era incredibilmente vivo. Mezzo ammaccato e stordito dall’impatto con l’acqua, ma vivo. Qualcuno che cadde dal ponte ci fu, dunque. Si trattò di un incidente, per di più finito bene, ma molto probabilmente l’episodio diede il via alle prime voci, alimentate dall’invidia che il progetto di Jules Röthlisberger aveva suscitato negli ambienti professionali milanesi e lombardi. Scrivevano i giornali dell’epoca: “Il giovane ingegnere ci raccontava quanto grande era la diffidenza, anche in molte persone dell’arte, circa la riuscita dell’impresa. Non parliamo poi di timori profani. Vedrete, dicevano questi, vedrete quante disgrazie”.
A questa atmosfera, si sommò poi negli anni a venire un numero crescente di suicidi che scelsero il ponte come luogo dove porre fine ai loro giorni. Uno, in particolare colpì l’immaginario collettivo e tenne banco sui giornali dell’epoca per diversi giorni. Fu la scomparsa della contessa Barni, una nobildonna di Bergamo, che nell’autunno del 1906 sparì improvvisamente da casa (cfr. Storie dimenticate, che riferisce da una coeva uscita del Corriere della Sera). Sul ponte di Paderno vennero trovati alcuni suoi indumenti, così che immediatamente venne ipotizzato un suo malsano gesto. Per giorni carabinieri e guardie forestali cercarono il suo corpo nell’Adda, senza però trovarlo mai. Fino a che due settimane dopo la sparizione, la contessa ricomparve a Merate a casa della madre. Non si era suicidata, ma ci era andata molto vicino e solo la sua fede l’aveva trattenuta dal saltare oltre le protezioni.
Eccola qua, dunque, la leggenda metropolitana del suicidio del progettista. Una miscela di fatti realmente accaduti, di maldicenze e di episodi di cronaca. Una leggenda nera che regge al passare degli anni e che ammanta ancora oggi il luogo di un’aurea inquietante e misteriosa. Risalgono a pochi anni fa le polemiche legate alla necessità di innalzare le protezioni. Ma noi preferiamo pensare che queste poche righe di storia (con la esse minuscola) possano aiutare a vedere il Ponte di Paderno come uno dei luoghi più suggestivi di tutta la Lombardia, un posto dove è possibile ammirare l’imponenza di quell’opera, che diventa addirittura maestosa se la si osserva dal basso, dalla pista ciclabile che corre lungo l’Adda attraverso quegli scorci naturalistici che ispirarono alcuni dei più bei dipinti di Leonardo da Vinci.
Vittorio Alberganti
Si ringrazia la redazione di Storie dimenticate per il confronto in argomento
Per approfondire:
MANFREDINI, M., Il viadotto di Paderno sull’Adda : 1889-1989. Merate : Beton Villa, 1989;