Saperi, sapori, sipari. I saperi sono quelli dei marinai, dei pescatori e delle lavandaie il cui canto correva un tempo lungo l’Adda; i sapori sono quelli del pesce che accompagnava la polenta quotidiana; i sipari sono quelli dei vigneti che ora non terrazzano più i magri versanti del fiume. Risaliamo in navigazione a Trezzo l’Adda e la sua storia, ritrovandone saperi, sapori e sipari.
In navigazione, sull’Adda i marinai di pianura
Ancora nei primi decenni del Novecento l’Adda porta cose, persone e idee in braccio alla corrente. Da Lecco via Adda, naviglio di Paderno e Martesana, equipaggi di tre persone (un parone e due marinai) smontano il carico a Milano dai barconi. Controcorrente, i natanti sono trainati da cavalli o buoi in coppia. Navigabile dal tardo Quattrocento, il Naviglio Martesana contempera le esigenze di commercio e agricoltura, se il camparo ne rilascia le quote irrigue, garantendo però nel canale il pescaggio indispensabile al transito dei barconi. Da Lecco a Milano, ne perfeziona la tratta il Naviglio di Paderno che raddoppia un’Adda tumultuosa e impraticabile: aggiornando il primitivo progetto di Leonardo da Vinci, il canale viene inaugurato solo nel 1777, presenti il ministro Firmian e l’arciduca Ferdinando d’Austria. Tra Otto e Novecento l’interpretazione idroelettrica della valle impone di alleare la produzione delle centrali e i diritti della navigazione: se la centrale idroelettrica Edison Bertini di Cornate accomoda a presa derivatrice parte del Naviglio di Paderno, la centrale oggi Enel Taccani di Trezzo tutela invece la navigabilità dell’Adda, costruendo una conca sull’ansa del fiume.
L’Adda in tavola, il pesce accanto alla polenta quotidiana
Se la tavola è anche una tavolozza, pesce e vino erano tra i colori più antichi dalla cucina abduana. Con canne improvvisate, chiunque poteva gettare amo dalla riva per irrobustire di ittiche specialità la polenta quotidiana. Ma solo chi versava l’affitto per un tratto fluviale arpionava in quelle acque tinche e anguille con la fiocina, calando altrimenti dal battello cappi in filo di rame o reti a bilancia per sorprendere i pesci più piccoli. Sulle rive digradanti, intanto, i vigneti terrazzavano terre troppo magre e sabbiose per la cerealicoltura. La conformazione geologica della valle abduana premia così la selezione di uve da vino, almeno finché parassiti come la fillossera non ne estinguono il colore nel primo Novecento.
Sul secondo Dopoguerra, a impoverire i fondali dell’Adda erano invece le battute notturne con lampade ad acetilene assicurate sulla prua: bagnato, il carburo diffondeva bagliori che abbacinavano i pesci. Bastava allungare la mano per raccoglierli. C’era persino chi predava le acque, pescando con le bombe a mano. Negli anni Trenta del Novecento Brivio, antico borgo di pescatori, ne censiva solo 13 contro i 37 contati nel 1574. Per attirare i pesci, nella vicina palude (oggi SIC vincolato) cingevano di siepi o steccati gli acquitrini, che richiamavano però estive epidemie. «Povera la vita del pescatore! – scrive il briviese Cesare Cantù – la sua sussistenza dipende dal vento e dal tempo, senza che mai provveda a riporre un soldo allorché la fortuna gli dà di guadagnarne due».
Mettere remi alla domenica: se l’Adda è l’antenata del mare
Nel 1708 i popolani fanno l’inchino alla duchessa Elisabetta Cristina di Braunschweig-Wolfenbüttel che, madre di Maria Teresa d’Austria, raggiunge Milano sul Naviglio Martesana in corteo nuziale. Anche gli arcivescovi ambrosiani, del resto, villeggiano sull’Adda di Groppello; e la nobiltà cittadina colleziona nelle ville prospicienti il fiume l’arte cui si somma il panorama incorniciato dalle finestre. Antenata del mare, l’Adda offre spiagge e frescura ai turisti in colletto bianco che sul primo Novecento vengono fin da Monza o Milano per mettere remi alla domenica. Le barche a nolo Colombo Cantun hanno nomi vezzosi (Adele, Ines, Carla) o selvatici (Bisbina, Viperina): maschili se guarnite di motore. Il Fascismo indice anche sull’Adda la coppa «Franco Scarioni», in cui nuotatori provetti e improvvisati si cimentano a poche bracciate di stacco. Nanny Manzi-Fè, seconda moglie di Silvio Crespi, favorisce nel 1925 una colonia elioterapica per la prole operaia dell’omonimo villaggio; anticipando quelle eliofluviali «San Benedetto» in Trezzo e «Don Angelo Bosio» in Villa d’Adda.
La navigazione ritrovata di Trezzo: l’audioguida
Dall’imbarco di Trezzo, poco prima della Canottieri Tritium, il tragitto sfiora la centrale Enel Alessandro Taccani che, in forme eclettiche, produce energia dal 1906. A differenza della più turistica riva milanese, quella bergamasca offre una natura intatta, cesellata appena dai sentieri: durante la navigazione si scorgono specie diverse e radure inattese dagli antichi nomi dialettali; cava di Spagnöo (degli Spagnoli), cava dal Béss (del serpente); al cepp, un macigno assorto nell’Adda, il funtanìn (Sorgente XXIV maggio) e i praa da Sèr (i prati di Cerro).
Di questo percorso, che prosegue verso nord, ascoltiamo alcune tracce di un’audioguida teatralizzata: le registrazioni, firmate dalla Koinè Teatro Sostenibile insieme a Cooperativa Sociale Coclea e a chi scrive, sono concesse da AddaInsieme, gestore della navigazione sull’Adda di Trezzo.
Per prenotazione turistica e contatti: AddaInsieme di Claudio Corso, che si ringrazia per la disponibilità.
Cristian Bonomi
Si ringraziano Giovanni Brambilla, Giuseppe Baghetti e Cesarina Minelli per le opere concesse in riproduzione a corredo d’articolo.