Lo studioso Gabriele Perlini, alla cui competente gentilezza dobbiamo le brevi note a seguire, ha rintracciato documenti inediti utili a ricalcolare l’epoca in cui il castello visconteo di Trezzo venne riedificato secondo l’assetto attuale.
Fonti orali e bibliografiche concordano nel datare al 1370-1377 la ricostruzione del castello trezzese da parte di Bernabò Visconti. Il primo a indicare tali anni è stato il segretario di Ludovico il Moro, Bernardino Corio, nella sua Storia di Milano del 1503, quindi più di un secolo dopo la riedificazione della fortezza. L’autore riferisce che i lavori durarono esattamente 7 anni e 3 mesi. La quasi totalità degli studiosi che hanno affrontato il tema fino ad oggi si sono limitati a prendere per buoni i dati senza accurate verifiche, forse scoraggiati dalla scarsità di fonti coeve.
Nell’ultimo periodo si è fatta nuova luce in virtù di preziosi atti notarili conservati a Bergamo e consultati da Gabriele Medolago nel suo studio sul castello del 2007. I documenti riportano di lavori svolti a Trezzo già nel 1361 con relativa riscossione dei compensi al banco del castello (denarios quos habere debent ad bancham castri de trezio ocasione laborerij de trezzio) e di altri eseguiti nel 1366 (1) ma pagati l’anno seguente (eo quod mantenuerat unum carrum per dies octo in laborerio castri trizzij de anno proxime preterito). Di maggior interesse è quanto poi indicato in tre atti del 1371 relativi a taglie imposte alla comunità di Bergamo per causa et occasione laborerii fiendi de novo [il grassetto è di chi scrive] in castro Trizii e pro laborerio seu spazatura et modatura Castri de Trizio. Spazatura e modatura sono termini relativi alla pulizia ed alla lavorazione della pietra.
Riguardo ai materiali che formavano il castello notiamo non esserci solamente ceppo dell’Adda, sassi, ciottoli di fiume e mattoni, ma anche arenaria di Mapello, presente sui resti dell’arcata del ponte. Infatti, per contrastare i moti di ribellione del bergamasco, già dal 1360 il Visconti impose pesanti tasse sulle comunità e sul clero orobico che si vedeva così costretto anche a smantellare dei propri edifici allo scopo di rivendere materiale edilizio per saldare i debiti. In una fonte molto tarda, la Visita Pastorale del 1550 alla comunità di Bonate Sotto, si legge che gran parte delle pietre squadrate della chiesa di Santa Giulia in Lesina sono state usate per la costruzione della fortezza di Trezzo. Considerando che l’abside e le cappelle laterali della chiesa, oggi quasi interamente scomparsa, sono costituite anche da arenaria di Mapello, verrebbe naturale confermare la notizia, benché di molto successiva e basata unicamente sulla fonte orale degli abitanti del villaggio.
Lesina, un corso d’acqua che si immette nel Brembo, dà il nome anche alla località che viene da esso attraversata. Qui un tempo sorgeva una fortezza di cui oggi rimangono solamente le vestigia in pietra tra la boscaglia: che anche questa sia andata distrutta per ricavare materiale edilizio da portare a Trezzo?
Ultimi documenti noti sono quattro lettere scritte dal Signore di Milano proprio da Trezzo, tre datate 1373 e una del 1374: il castello doveva quindi essere ultimato in quel biennio se lì Bernabò poteva risiedere. A seguito di queste recenti scoperte, il lasso cronologico fornito da Corio andrebbe quindi anticipato di almeno una decina di anni. Nuove fonti consultate e una mezza dozzina di documenti inediti recuperati da chi scrive permetteranno ora di approfondire il tema, avvalorando le conclusioni cui era giunto lo studioso Medolago una decina di anni fa.
Gabriele Perlini
(1) Questa data e la precedente vengono erroneamente indicate 1371 da Luigi Ferrario nel suo lavoro Trezzo e il suo castello. Schizzo storico (1867), che già a suo tempo aveva consultato i documenti originali (e, ancor prima di lui, lo aveva fatto lo studioso orobico Giuseppe Ronchetti).
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