L’ex-chiesa di Sant’Anna, sede espositiva di Canonica d’Adda, siede al confine con Fara Gera d’Adda a pochi passi dal Sentiero botanico che unisce i due Comuni tra il fiume e la roggia Vailata. Di questo oratorio, restaurato nel 2004, ci racconta Giancarlo Lecchi, cultore di cose canonichesi e presidente emerito della ProLoco “Arti e Tradizioni”.
Il cartiglio, dipinto sull’arco centrale dell’oratorio, data al 1662 l’edificio, situato a Canonica sul confine di Fara Gera d’Adda: è la chiesa di Santa Maria in Prato (talora confusa dagli storici con Santa Maria de Cappis, altro tempio canonichese oggi scomparso). Dedicato a Sant’Anna solo dopo il XVIII secolo, l’oratorio è stato ceduto dalla Parrocchia e restaurato dal Comune, che lo adibisce a sede di mostre e iniziative culturali.
La chiesina di Sant’Anna sorge in luogo decentrato ed è orientata con l’altare maggiore a est e la porta principale ad ovest. La pianta è a navata unica scandita da due archi in muratura che reggono le travature in legno. All’esterno la chiesina offre un portico che protegge l’entrata principale e dava la possibilità ai viandanti di sostare al riparo della pioggia o dal sole. Sul lato nord insisteva la residenza del cappellano. Il campanile era a vela con una sola campana mentre la luce filtrava da sette finestre: due piccole e una più grande sulla facciata, due nello sfondo dell’abside, due nella parete laterale nord, due in quella sud.
A pianta rettangolare, il presbiterio ha larghezza inferiore rispetto alla navata: resta inoltre sopraelevato da due gradini, è coperto a botte e concluso da un abside poligonale; il coro, invece, si compie in un quarto di volta raccordata con tre vele a quella del presbiterio. Scandiscono il coro tre archi ciechi a tutto sesto impostati sul cornicione che, a tre quarti di altezza, percorre tutto il perimetro interno e corrisponde alla modanatura esterna. Le vele e gli archetti sono marcati da costoloni e recano i resti di antiche decorazioni.
Sopravvive l’altare maggiore in muratura; nella superficie inferiore della mensa è ancora visibile il riquadro che conteneva la pietra santa, mentre al di sopra, in una cornice architettonica ancora presente, si trovava il dipinto della Sacra Famiglia, oggi conservato in parrocchiale. Sul lato sud, lungo il fianco del presbiterio, sorgeva la sacrestia. Sui pilastri dell’arco principale sono evidenti alcuni resti di decorazione mentre nella spalla destra si trovava un’antica lapide oggi scomparsa. L’altro arco in muratura regge le travature principali in legno del tetto spiovente. Le due campate della navata sono di uguale ampiezza. La copertura della navata era a capanna con travi in legno. Resti di decorazioni eseguite in tempi diversi sono ancora visibili all’interno. Il pavimento era in tavelle di cotto. Si potrebbe ipotizzare che la chiesina sia giunta a noi attraverso diverse fasi costruttive.
Forse su un precedente edificio andato distrutto, il Seicento rifonda l’oratorio, mantenendo per buona parte le fondamenta del precedente nonché alcuni caratteri originari che ne confermano la tipologia costruttiva. Nel XIX secolo sul fronte est viene addossato il presbiterio. Sempre nel medesimo secolo si completa in fasi successive la costruzione dei corpi annessi alla chiesa. Dell’ intervento ottocentesco non si ha alcuna documentazione ma la data del 1853 compare sulla campana, dedicata a Santa Maria e scampata ai saccheggi : proprio a quell’anno è forse riferibile l’ultima trasformazione.
Di un legato da messe, istituito presso la chiesa, riferisce il Parroco Giuseppe Girardelli il 10 marzo 1838: “Come risulta dal legale istrumento del 23 settembre 1692 ho assunto all’obligo di far celebrare in oratorio della Beata Vergine in Prato, distante un miglio dalla parrocchiale, dodici messe all’anno una al mese e nel giorno 26 luglio di ogni anno cinque altre messe di cui una cantata”. La tradizionale processione alla chiesina ha inizio nel 1709 proprio in ottemperanza al legato disposto da Federico Cossa, che ordina di far celebrare in perpetuo specie il 26 luglio, giorno di Sant’Anna. In quella circostanza, si reca solennemente in processione il quadro venerato presso la chiesa.
Sant’ Anna è considerata la protettrice di tornitori, scultori, straccivendoli, lavandaie, sarte, navigatori, minatori, delle partorienti e dei moribondi. Il suo culto è molto antico, si attesta prima in Oriente e viene esaltato dalla Chiesa di Roma per la maternità miracolosa e tardiva di colei che fu mamma della Vergine Maria. Le processioni non si tenevano solo nel mese di luglio ma anche nei periodi di siccità, quando si invocava la pioggia. Il 26 luglio i contadini si ritrovavano presso Sant’Anna, provenendo anche dai paesi limitrofi di Fara d’Adda e di Pontirolo con carretti adornati di fiori: oltre che per la cerimonia religiosa, sostavano per un momento spensierato tra bicchieri di vino e tante bancarelle che offrivano tiraca e crucant.
La festa venne ridimensionata dal Cardinale Alfredo Ildefonso Schuster nel 1942 con la riduzione della novena ad un solo giorno, eliminando luminarie e processioni notturne. Più tardi nel 1947 scrive il Beato: Per la festa di Sant’Anna si sospendano le funzioni pomeridiane che danno luogo a disordini nei campi. Negli anni Sessanta la feste venne definitivamente tralasciata. Dopo il restauro del sito, è stata in parte ritrovata con una Santa Messa e l’anguriata a cura del Gruppo Arti e Tradizioni Canonichesi.
Giancarlo Lecchi
per la ProLoco “Arti e Tradizioni” di Canonica d’Adda
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