Il trezzese Giuseppe Baghetti dedica alla nipote Martina un “Breve diario del Novecento a Trezzo sull’Adda“: questo il sottotitolo dell’opera, presentata a Trezzo sull’Adda nel settembre 2019 con il patrocinio dell’Ecomuseo “Adda di Leonardo”.
Appoggiando l’orecchio al racconto di Giuseppe Baghetti (Trezzo sull’Adda, 1936), si sente il rumore dell’Adda. Proprio come il fiume, la sua storia porta a riva tesori e insieme miserie: dalla Seconda guerra mondiale vista con occhi di bambino alla pacifica rivoluzione della grande industria italiana. I documenti sono sugli scaffali e gli scaffali in archivio; tuttavia, una storiografia del Novecento che si nutra solo di queste carte sarebbe esatta ma non giusta. Per rendere giustizia al controverso secolo dei conflitti mondiali e dell’unione europea, i documenti devono entrare in colloquio con la fragrante memoria di testimoni come Pepino.
La sua autobiografia (s.e., 104 pp., 15 euro) non nasce dalla solitudine ma dall’incontro con la nipote Martina, cui Pepino rivolge questo racconto caloroso e artigianale come un giocattolo intagliato nel legno. Baghetti scansa la ragnatela degli anni, scende di un gradino in più nel ricordo e lucida oggetti, nomi, episodi: il suo panno non è la nostalgia ma la gratitudine. Giuseppe ringrazia di cosa ha ricevuto e persino di cosa gli è stato tolto: il vuoto di ciò che non è disegna la sua architettura insieme alla pienezza di ciò che è; la somma dei suoi gesti contiene anche quelli sottratti e incompiuti.
Al mattino presto, Pepino sussurra l’ennesima rilettura di queste pagine: lo fa con la stessa cura che mette al tornio, quando incide il legno o la pietra; solo che questa volta la materia da lavorare è il tempo. Giuseppe non ha percorso il mondo ma vede il mondo passare da Trezzo. Baghetti ha ricordi non suoi: da bimbo ascolta i racconti di nonni e genitori con tale stupore che oggi può riferirli, saldando una memoria domestica lunga almeno tre generazioni. L’arco del ricordo allora si amplia e scocca la sua freccia fino a noi.
Pepino scrive di sé in caratteri minuscoli e corsivi. Dalla prima stesura d’opera, stralcia alcuni episodi più personali. Non senza altruismo, preferisce argomenti di migliore testimonianza storica, che coinvolgano la comunità trezzese o raccomandino alla nipote un amore quasi ereditario per la famiglia, il cortile, la terra e il fiume. Così Baghetti ricorda, compie anzi il miracolo del ricordare: spezza il pane della memoria e ci invita a questa tavola, dove già siede con lui la piccola Martina.
In epoche diverse e con diversi remi, Pepino e io abbiamo remato la stessa Adda, preferendo la riva bergamasca che è più selvatica e silenziosa: sentiamo che il fiume è nostro perché gli apparteniamo ed è a questa poetica dell’acqua che sempre la conversazione ritorna. L’Adda è la figura sotto cui capiamo il tempo, che passa ma rimane. Baghetti risale allora la corrente degli anni, pesca sul fondale nomi levigati dalla corrente, mette ali alla scrittura come metterebbe remi alla voga. La sua memoria è ormeggiata in riva al fiume. Qui l’autore ha deciso di devolvere l’intero ricavato dall’edizione alla A.S.D. Canottieri Tritium di Trezzo sull’Adda, che si occupa di distribuirla.
Cristian Bonomi