Dobbiamo alla competente gentilezza dell’autore Andrea Castagna il profilo storico del santuario, alto tra l’Adda e il naviglio di Paderno.
Uomini e cose, eventi tristi e lieti, via son passati travolti dall’onda dei secoli, come l’acque frementi del fiume, che sempre, senza posarsi mai, scorrono al mare. Dall’alto la bianca e vetusta chiesina della Madonna della Rocchetta continua a trionfare in mezzo a quella natura pittoresca, meta di umili anime oranti alla Vergine Madre.
Don Rinaldo Beretta, La Rocchetta di Santa Maria sopra Trezzo, in “Archivio Storico Lombardo”, 1911.
Il santuario di Santa Maria della Rocchetta sorge sulla cima di un’altura rocciosa posta tra il corso del fiume Adda e il naviglio, presso l’abitato di Porto ma entro i confini amministrativi del Comune di Paderno d’Adda. Vi si accede dal lato del canale percorrendo una monumentale scalinata realizzata nel 1933 «in soli venticinque giorni di alacre lavoro» dalla solerte comunità di Porto sotto la direzione dell’allora parroco don Giulio Ambrosiani (1).
Le origini
L’edificio sacro risale al 1386 quando Beltrando da Cornate (2), cittadino milanese e dottor fisico (3), non pago di sostenere con generosi contributi la Veneranda Fabbrica del Duomo che proprio quell’anno avviava la sua attività, eresse nei suoi possedimenti nella località detta Rocchetta, sui resti di un antico castrum (4), una piccola chiesa dedicata alla Vergine con annessa casa d’abitazione, chiamando ad officiarla i frati eremiti di Sant’Agostino.
Sebbene una bolla di Bonifacio VIII vietasse agli ordini mendicanti di ricevere nuovi luoghi, padre Bartolomeo da Venezia, generale dell’Ordine, ottenne nel 1389 da papa Bonifacio IX, di recente eletto, l’autorizzazione ad accettare la donazione, salvi i diritti parrocchiali. Anche se non espressamente dichiarato, è ragionevole presumere che Beltrando abbia donato i suoi fondi nei dintorni del convento (5) per garantire il sostentamento dei padri: sappiamo infatti che nel 1397 il priore padre Marco da Merate ed altri tre frati professi, rappresentanti i tre quarti dell’intero capitolo, si raccolsero nel refettorio per deliberare sul modo migliore d’affittare detti beni.
Da convento a fortilizio
Nonostante la posizione solitaria nel cuore della selvaggia valle dell’Adda, gli abitanti dell’eremo non godettero a lungo l’attesa quiete. Le sponde del fiume furono presto teatro di violenti scontri tra guelfi e ghibellini, veneti e ducali: in seguito alla sconfitta subita dai milanesi a Maclodio, nel 1428 l’Adda nel tratto da Lecco a Trezzo divenne confine tra Ducato di Milano e Repubblica di Venezia. Ciò portò a rivalutare l’importanza della Rocchetta come presidio strategico, nevralgico punto di controllo dei guadi lungo il fiume.
La difficile convivenza con i soldati che militavano nella zona indusse infine nel 1439 i frati ad abbandonare il luogo: pur continuando ad esistere giuridicamente il cenobio, i padri si dispersero nei paesi vicini aiutando le chiese secolari. Filippo Maria Visconti fece allora occupare il piccolo convento e lo trasformò in fortilizio, ponendovi a difesa un castellano con una guarnigione. La chiesa restò intatta, ma abbandonata a sé stessa.
Caduto il dominio sforzesco sul finire del XV secolo, le innovazioni nella tecnica militare portarono all’abbandono di molti forti secondari, tra cui quello della Rocchetta. Negli atti di visita del cardinal Federico Borromeo per la pieve di Brivio nel 1610 si afferma che il fortilizio, divenuto ricettacolo di ladri e banditi, era stato distrutto, ad eccezione della chiesa, al tempo delle audaci azioni in Brianza del condottiero Gian Giacomo de’ Medici (6).
L’incorporazione nel convento di San Marco a Milano
Benché si continuasse ad eleggere un priore con l’obbligo di soddisfare agli oneri spettanti alla provincia, e dunque i padri agostiniani poterono in qualche misura godere dei loro privilegi e possedimenti, a causa della loro forzata lontananza molti beni del convento andarono perduti o incolti. Inoltre, date le circostanze, la vita che i frati conducevano non era per nulla conforme alle regole dell’Ordine. Pertanto nel 1484 padre Ambrogio Coriolano, priore generale, provvide a sopprimere il convento di Santa Maria della Rocchetta, incorporandolo con tutte le sue ragioni e pertinenze a quello di San Marco in Milano, unione confermata da papa Leone X nel 1514 e divenuta effettiva, per difficoltà pratiche insorte, nel 1517.
I padri di San Marco divennero gradualmente proprietari di oltre i due terzi del territorio di Porto, ma non tennero in loco che un soprintendente ai loro possessi, alloggiato nella casa padronale acquistata nel 1544, dove aprirono un oratorio dedicato a S. Nicola da Tolentino (7).
Le visite pastorali di San Carlo e Federico Borromeo
Frattanto la chiesa di Santa Maria della Rocchetta, priva degli arredi sacri, versava in pessimo stato, tanto da indurre nel 1570 San Carlo ad unire in perpetuo, coi pieni poteri di visitatore apostolico, i luoghi di Porto e della Rocchetta alla parrocchia di Cornate, salvi agli agostiniani i loro poderi. Restaurata la chiesa ad opera dei parrocchiani di Cornate, i padri di San Marco continuarono tuttavia a esercitarvi la custodia.
Quando l’11 agosto 1610 arrivò a Paderno in visita pastorale il cardinale Federico Borromeo, la chiesa, riparata parecchi anni addietro nonché in tempi più recenti dagli operai impegnati nello scavo del naviglio, fu trovata di nuovo mancante di suppellettili e bisognevole di interventi. Il tetto era danneggiato, assente la sagrestia, l’altare non era tenuto secondo le debite prescrizioni: pare che i padri di San Marco si contentassero di lasciar le chiavi dell’edificio in custodia al loro fattore di Porto, e di ritirarvi le offerte.
Eppure il luogo, immerso nel silenzio dei boschi lungo il confine, era assai frequentato. Secondo gli atti di visita vi era gran concorso di popolo nelle feste pasquali e i fedeli lasciavano molte offerte in denaro. Doni e quadretti votivi appesi all’interno della chiesa testimoniavano le grazie ricevute per intercessione della Madonna, la cui statua, vestita di diversi panni, era posta sotto un’arca di noce presso la parete dell’altare, sul quale si trovavano quattro candelabri di oricalco e due angeli. Nel frontespizio della cappella v’erano affreschi rappresentanti la Vergine, San Rocco e San Sebastiano.
La Rocchetta contesa tra Paderno e Porto
Il cardinal Federico, dopo aver affermato, invero senza portare alcuna prova a sostegno, che la Rocchetta si trovava entro i confini della parrocchia e del territorio di Paderno, decretò che a don Pietro Consonni, curato di Paderno, spettasse la cura della chiesa, coadiuvato da un custode scelto tra le famiglie residenti nelle vicinanze. Chiunque avesse osato impedire o molestare il parroco nell’esercizio dei suoi diritti sarebbe incorso nella scomunica latae sententiae. La minaccia di scomunica era naturalmente rivolta ai padri di San Marco, ma questi perseverarono nella loro condotta.
L’8 settembre gli agostiniani celebravano la festa della Natività di Maria con enorme partecipazione di popolo: in quell’occasione i padri adornavano la chiesa di arazzi, l’altare di sei candelieri inargentati, e vestivano la statua della Vergine di ormesimo color celeste; per la presenza di confessori, molti fedeli si accostavano ai Sacramenti. La sagra settembrina generava un certo indotto economico, di cui beneficiava soprattutto l’oste locale.
Proprio interessi pecuniari alimentarono probabilmente l’annoso contenzioso per il controllo della chiesa tra gli agostiniani e i parroci succedutisi alla guida della comunità di Paderno, attivamente supportati dai feudatari locali, i conti Corio. Lo scontro culminò nell’interdetto ‒ il divieto di celebrare funzioni religiose nel santuario ‒ sancito dal vicario diocesano finché non fosse risolta la controversia. Base delle rivendicazioni dei parroci di Paderno era un errore del catasto di Carlo V, peraltro redatto allo scopo di distinguere le terre ecclesiastiche dalle laicali ai fini del diverso regime fiscale cui andavano soggette, non certo per stabilire gli esatti confini tra pievi o territori (8). D’ogni modo, ad inizio XVIII secolo la definitiva sentenza della curia pontificia fu favorevole ai padri di San Marco (9).
Nel 1709 la chiesa venne riaperta al culto con buon afflusso di fedeli, ma non si verificò più come in passato lo straordinario concorso delle popolazioni della Brianza abduana e del Bergamasco: durante l’interdetto, queste si erano rivolte al vicino santuario della Madonna del Bosco, presso Imbersago, sorto nel 1646 dopo che si era sparsa la voce di un evento miracoloso avvenuto in quel luogo.
Con la soppressione del convento di San Marco ad opera delle autorità della Repubblica Cisalpina nel 1797, gli agostiniani non ebbero più ingerenze né a Porto né relativamente alla Rocchetta. I loro beni furono venduti a privati.
Porto e la Rocchetta fecero parte della parrocchia di Cornate fino alla costituzione della parrocchia di Porto nel 1897, cui subentrò nel 1996 l’Unità pastorale Cornate ‒ Porto. Attualmente la Comunità pastorale Santa Maria della Rocchetta riunisce le parrocchie di Sant’Alessandro Martire in Colnago, San Giorgio Martire in Cornate e San Giuseppe in Porto d’Adda.
Il Cammino di Sant’Agostino
Il santuario, oggetto di restauro nel 1992, è oggi compreso nel Cammino di Sant’Agostino, itinerario ideato nel 2008 per unire nelle sue tappe venticinque luoghi di culto mariani presenti in Brianza. All’origine del pellegrinaggio proposto, accanto alla tradizionale devozione rivolta alla Vergine, si colloca il soggiorno, documentato in un passo delle Confessioni, di Sant’Agostino d’Ippona a Rus Cassiciacum, identificato con l’odierna Cassago Brianza, presso la villa rustica dell’amico Verecondo tra l’estate 386 e la primavera 387 d.C., periodo successivo alla sua conversione e di poco antecedente il battesimo, ricevuto per mano di Sant’Ambrogio vescovo di Milano: un momento fondamentale nel cammino di fede del santo. Il percorso, ricco di valenze ambientali, paesistiche e storico-artistiche, si snoda lungo 350 km suddivisi in 14 giornate di viaggio a piedi: ha la peculiarità di essere chiuso e concettualmente circolare, con arrivo a Monza coincidente con il punto di partenza. Questo tragitto è in costante ampliamento e consente di triangolare cultura, ambiente e devozione.
Le indagini archeologiche
Tra il 1998 e il 2000 nel sito di Santa Maria della Rocchetta sono state condotte tre distinte campagne di scavo che hanno consentito di documentare l’esistenza sulla sommità del rilievo di una fortificazione risalente al V secolo d.C., ancora in uso in epoca altomedievale, probabilmente con funzioni di avvistamento e presidio di un porto fluviale.
Nel pianoro di fronte all’ingresso del santuario, circondato da mura perimetrali i cui tratti superstiti sono stati riportati alla luce dagli archeologi, sono emersi i resti di una grande cisterna rettangolare, coperta da una volta a botte in laterizio del tutto distrutta: doveva servire a raccogliere l’acqua piovana dai tetti di un edificio adiacente, andato completamente perduto. Lo scavo nella zona a oriente della chiesa ha invece restituito una cisterna bassomedievale di forma rettangolare foderata in laterizi e le strutture basamentali di un forno da pane, entrambe da riferirsi al fortilizio visconteo-sforzesco, nonché due sepolture di probabile origine altomedievale, già violate in antico e forse riutilizzate. Indagini condotte sulle murature della chiesa di Santa Maria hanno infine evidenziato come il nucleo originario da cui si è evoluto l’attuale edificio sacro è costituito da una torre della preesistente struttura fortificata tardo-antica.
Andrea Castagna
Il testo integrale di questo articolo è stato pubblicato in Cornate d’Adda. Acqua, roccia, energia (Missaglia LC, Bellavite, 2018) con il titolo Santa Maria della Rocchetta. Dove le armi divisero, la devozione unisce.
Bibliografia
BERETTA Rinaldo, La Rocchetta di Santa Maria sopra Trezzo, in “Archivio Storico Lombardo”, a. XXXVIII (1911), serie IV, vol. 15, fasc. 29, marzo 1911, pp. 133-146.
BERETTA Rinaldo, Cornate d’Adda. Note di storia, Carate Brianza (MB), 1953.
BERETTA Rinaldo, Porto d’Adda e la Madonna della Rocchetta. Notizie storiche, Carate Brianza (MB), 1916.
GALLO Federico, Breve Storia della Parrocchia S. Giuseppe in Porto d’Adda, Cornate d’Adda (MB), Parrocchia San Giuseppe Porto d’Adda, 1998.
ORNAGHI Renato, Il Cammino di Sant’Agostino, Annone Brianza (LC), Opificio Monzese delle Pietre Dure, 2009.
PARMA Ezio (a cura di), L’eternità di Cornate d’Adda. Scavi archeologici dal 1995 al 2003, Curno (BG), MCG Marketing & Communication Group, 2004.
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1 Al termine dei lavori, il 21 ottobre 1933 don Ambrosiani fece porre sotto l’ultimo gradino dell’imponente rampa di scale una pergamena «in vitrea custodia» con i nomi degli ideatori, dei costruttori e una dedica «a Maria Santissima».
2 Beltrando, o Beltramo, da Cornate compare tra i novecento decurioni del Comune di Milano eletti il 22 luglio 1388. Risiedeva in porta Cumana, nella parrocchia di San Marcellino. La famiglia Cornati, o «de Cornate» dal luogo d’origine, è documentata a Milano specialmente nella seconda metà del secolo XIV.
3 Medico diremmo oggi, precisando che al tempo lo studio della medicina era disgiunto dalle sue applicazioni pratiche considerate minori, affidate ai cerusici.
4 Si trattava, come rivelato dalle campagne archeologiche condotte tra il 1998 e il 2000 dall’equipe del prof. Gian Pietro Brogiolo, docente di Archeologia medievale presso l’Università di Padova, di una fortificazione tardo-antica, risalente al V secolo d.C., ancora in uso in epoca altomedievale.
5 Nelle carte compare talvolta il termine zenobiolum, ad indicare le ridotte dimensioni del convento, dove non dimoravano che pochi padri oltre il priore.
6 Gian Giacomo de’ Medici di Marignano, detto il Medeghino, nacque nel 1495 da Bernardo Medici e Cecilia Serbelloni, figlio primogenito di molti fratelli e sorelle, tra cui Giovanni Angelo, il futuro papa Pio IV, e Margherita, sposata al conte Giberto Borromeo e madre di San Carlo Borromeo. Segnalatosi per violenze e delitti, spesso su commissione, dopo aver svolto per conto di Francesco II Sforza alcune imprese militari, ottenne nel 1523 il castello di Musso sul lago di Como, facendone la base delle sue ambiziose mire di conquista. Si scontrò con i Grigioni per il controllo di Chiavenna e della Valtellina (1525); rivolse poi le sue aspirazioni alla Brianza, dove occupò Monguzzo. Battuto dal governatore di Milano de Leyva a Carate (1527), venne a patti; ma quando al Ducato di Milano tornò Francesco II Sforza (1530), di nuovo sconfitto, dovette restituire Musso e Lecco, avendone in cambio il marchesato di Marignano. Entrò quindi al servizio di Carlo V, combattendo in Italia, in Ungheria, nelle Fiandre e in Germania: il suo ultimo successo militare fu contro Siena (1555). Morì l’8 novembre 1555.
7 Con istromento del 7 luglio 1544, previo il consenso cesareo, gli agostiniani che già possedevano dei fondi non solo alla Rocchetta ma anche a Porto, comperarono dal milanese Gerolamo Gorla della parrocchia di S. Vito in Pasquirolo una casa da nobile e da massaro con 156 pertiche di terra, situate a Porto inferiore e coltivate a campi, a vigna, e a boschi, sborsando 2.583 lire imperiali. I padri aggiunsero alla casa da nobile un piccolo oratorio con affreschi di scuola luinesca, dedicato a S. Nicola.
8 Del resto Porto e la Rocchetta erano compresi fin dall’antichità più remota nella pieve di Pontirolo, circoscrizione territoriale sia ecclesiastica che civile. Tuttavia, situati com’erano ai limiti della pieve di Brivio, avvenne in seguito, incominciando dall’errore nel catasto di Carlo V, che talora, come risulta anche dai documenti riguardanti il naviglio, tanto più che il naviglio incomincia in territorio di Paderno e finisce in quello di Porto, fossero attribuiti senza prestare grande attenzione ora alla pieve di Pontirolo ora a quella di Brivio.
9 Persa la disputa sul piano ecclesiastico, Paderno si vide però riconoscere sul piano civile l’appartenenza della Rocchetta al proprio territorio dal delegato della Giunta del censo Giovan Battista Pozzi nel 1760.
Evidentemente non avete letto le varie pubblicazioni che il sottoscritto da 10 anni,specialmente gli ultimi due, pubblica costantemente su Facebook e riguardano in particolare la Rocchetta, l’Adda, le centrali,traghetti…
Buongiorno Giuseppe. La ringrazio della segnalazione “ad meliorandum”. Sarei onorato di aggiungere le sue pubblicazioni in bibliografia: se può, le segnali al mio indirizzo personale ioprimadime@gmail.com . Mi consideri inoltre a disposizione, qualora ritenesse di proporre a questo sito la divulgazione di articoli scientifici a sua firma in argomento di storia locale. Con viva stima, Cristian Bonomi
Buongiorno Giuseppe. La ringrazio della segnalazione “ad meliorandum”. Sarei onorato di aggiungere le sue pubblicazioni in bibliografia: se può, le segnali al mio indirizzo personale ioprimadime@gmail.com . Mi consideri inoltre a disposizione, qualora ritenesse di proporre a questo sito la divulgazione di articoli scientifici a sua firma in argomento di storia locale. Con viva gratitudine, Cristian Bonomi