Cultore di storia del territorio, Vittorio Alberganti riferisce in articolo circa l’architettura della centrale idroelettrica Edison “Carlo Esterle” con derivazione a Robbiate e centrale a Cornate d’Adda. Documenta inoltre l’ipotesi che Luigi Bisi sia l’architetto dell’elegante edificio.
Vista la crescente richiesta di elettricità, la Edison costruisce tra il 1906 ed il 1914, dopo l’impianto “Angelo Bertini” di Paderno del 1898, un secondo impianto sul fiume Adda: quello con derivazione a Robbiate e centrale “Carlo Esterle” a Villa Paradiso di Cornate d’Adda. Come spesso accade nei casi in cui è il progresso tecnologico a scatenare un cambio di modello formale e figurativo, agli inizi del Novecento emerge con forza il trattare questi edifici funzionali come nuovi monumenti della modernità, imponenti architetture che assumono il ruolo di “cattedrali” nel paesaggio.
L’architettura si impone così sull’ingegneria, le centrali si trasformano in monumentali opere, con decorazioni e ornati possenti, maestose forme scenografiche. Sono tutti edifici rappresentativi di un’epoca, di un sentimento di modernità e progresso, e costituiscono anche l’immagine simbolica delle aziende elettriche che commissionano tali realizzazioni: Società elettriche come la Edison, la SME, la Sade, la SIP ecc., affidano i lavori di progettazione ai maggiori architetti di successo del periodo, stringendo legami spesso duraturi nel tempo. Fra questi basterà ricordare Gaetano Moretti, Piero Portaluppi, Giovanni Muzio, Duilio Torres, Gaetano Minnucci, Piero Bottoni e Gio Ponti. Nei primi anni del Novecento la logica prevalente è di ricorrere a linguaggi architettonici già in uso, per rendere più comprensibili e accettabili le nascenti centrali elettriche.
L’architettura, specialmente in questi anni, assume il ruolo di trait d’union tra gli interventi ingegneristici dell’infrastruttura elettrica e l’ambiente. Nel progetto della centrale “Esterle” si legge chiaramente come si sia voluto sottolineare la “forza” raggiunta in breve tempo dalla Edison con uno sfoggio di eleganza e monumentalità contrapposto alla sobrietà e alla semplicità costruttiva ingegneristica della centrale “Bertini”. Quale miglior biglietto da visita per gli investitori e per i potenziali clienti della nuova energia elettrica?
Ecco quindi nella Esterle una struttura che si avvicina al carattere di una residenza signorile secondo lo stile predominante del momento: finestre e finestroni a sesto acuto o a tutto sesto incorniciate in cotto, colonne romane con capitelli corinzi, colonnine sottotetto, gocciolatoi a testa di drago e base in ceppo dell’Adda. Lo stile in auge per le contemporanee architetture civili milanesi viene trasferito a questo edificio industriale con l’obiettivo, pienamente raggiunto, di mitigarne l’impatto sull’ambiente.
Uno stile eclettico che armonizza il monumentale lombardo rinascimentale, il classico e il liberty milanese. Predomina il rosseggiare del mattone a vista e del cotto ornamentale, abbinato al bianco delle pareti mentre la tecnica delle decorazioni esterne ed interne, opera del Siani, è quella a graffio, ottenuta sovrapponendo strati policromi di intonaco affioranti a seconda della profondità dell’incisione del disegno. Per realizzare gli ampi finestroni il progettista dovette limitare i carichi trasmessi alla muratura esterna di facciata al di sopra dei finestroni: per questa ragione il carro ponte fu realizzato con una struttura a cavalletto che consentisse di scaricare le sollecitazioni direttamente sulla soletta del piano terreno invece che sulla muratura esterna.
La pregevole pavimentazione a mosaico (tesserine in marmo con al centro un rosone con la “S” e la “E” per Società Edison) e i sostegni agli apparecchi di illuminazione in ferro battuto, vere opere d’arte in puro liberty probabilmente realizzati dagli artigiani della allora famosa scuola di Verderio (o dal grande Alessandro Mazzucotelli?) esprimono il grande impegno posto nel realizzare quest’opera oggi ultracentenaria ma viva, splendida e pulsante con una ininterrotta produzione di energia elettrica.
Mentre sulla poco distante e quasi contemporanea (1906) centrale “Taccani” di Trezzo la letteratura è sterminata e del suo architetto, Gaetano Moretti, si conosce ogni minimo particolare, l’oblio è caduto su chi ha elaborato la struttura della Esterle: all’archivio storico della Edison non si trova traccia alcuna circa l’architetto della centrale! Anche una ricerca approfondita all’Archivio di Stato di Como, nel Fondo Prefettura – Acque, ha consentito di trovare il progetto idraulico per la Esterle con le tavole dettagliate del percorso del canale da Robbiate a Cornate, ma niente relativo all’“Edificio dei motori”.
Da una vecchia documentazione di un progetto di ampliamento del fabbricato (non realizzato) datato 1° febbraio 1919 si è rilevata però la firma dell’architetto Luigi Bisi (fig. 1): le linee architettoniche del progetto sono le stesse di quanto già costruito ed è pertanto logico attribuire a questo architetto la paternità dell’intera opera. Un’ulteriore conferma viene da questo trafiletto tratto da una pubblicazione Edison nel ricordo del Consigliere delegato Giacinto Motta: “Nel 1925, sulle pendici del Monte Rosso (Verbania), Giacinto Motta fece costruire a proprie spese, in memoria del figlio Ettore prematuramente scomparso, una casa di cura climatica per i figli dei dipendenti Edison, opera pregiata dell’architetto Luigi Bisi.” Il Bisi era dunque l’architetto di fiducia della Edison… le linee architettoniche della Colonia ricordano quelle della Centrale… (figg. 2, 3), la sua firma è su un progetto di ampliamento della Centrale… possiamo ragionevolmente ritenerlo l’architetto, dimenticato, della Esterle!
Vittorio Alberganti
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