Nel 1876 il villaggio operaio di Crespi d’Adda è ancora un sogno d’acqua e di terra per l’omonimo fondatore Cristoforo Benigno Maria Crespi (Busto Arsizio, 1833-1920, Milano), pioniere dell’industriale cotoniera. La terra che acquista è un ampio triangolo perlopiù boschivo di 85 ettari al convergere del Brembo in Adda. Giusto di questo corso è invece l’acqua. Cristoforo chiede concessione a deviare il fiume per garantire al nascituro cotonificio un movimento idromeccanico aggiornato poi in idroelettrico (1909). L’Archivio di Stato di Bergamo custodisce nel fondo Prefettura Italiana (cart. 40) un vasto progetto per questo canale derivatore che, alla diga di Concesa, capta l’acqua dall’Adda utile all’efficienza idromeccanica e poi idroelettrica della tessitura. L’ing. Luigi Rossi (Vaprio d’Adda, 1841-1929, Milano) firma il disegno sotto la data del 24 gennaio 1876. Le memoria del nipote Nino Crespi (Una Vita, edito a cura di Luigi Cortesi) raccontano come nonno Cristoforo incanutisse in pochi giorni alla notizia che le sorgive della sponda bergamasca potessero compromettere la riuscita del progetto.
Primogenito di Cristoforo, Silvio Antonio Benigno Crespi (1868-1944) inaugura gli stabilimento di Crespi d’Adda il 25 luglio 1878, giorno consacrato proprio a San Cristoforo: il giovane getta una manciata di cotone grezzo nella caricatrice Cringhton. L’industria italiana al suo decollo soffre la stagionalità della manodopera che, prestata in fabbrica lungo i mesi freddi, torna alle attività agricole con la primavera. Crespi propone ai contadini la conversione, definitiva e residenziale, dall’agricoltura all’industria. E per rendere invitante la proposta, garantisce condizioni, salari e servizi migliori di quanto promesso da altre iniziative imprenditoriali. Quanti accolgono l’invito di Crespi, si trasferiscono in alloggi dedicati e ad affitto concordato: prima i palazzotti e quindi i villini operai. Nasce così il villaggio operaio di Crespi d’Adda.
Silvio Benigno Crespi affianca presto il padre Cristoforo nel governo del cotonificio, dove spende le competenze tecniche allenate lungo i viaggi che ha compiuto tra Francia, Germania e Inghilterra subito dopo la laurea in Legge conseguita a Pavia. Grazie ai progettisti Ernesto Pirovano e Pietro Brunati, il villaggio operaio acquista così il suo assetto definitivo. La strada principale apre l’abitato in due ali. Ad Ovest, lungo l’Adda, si allunga la corsa dei capannoni. A Est i villini bifamiliari contornati d’orto succedono alla prima soluzione abitativa pensata per le maestranze: i tre palazzotti, il cui modello riesce ormai sorpassato. Al centro un’isola di servizi che dal dopolavoro «Liberi e Forti» ai bagni pubblici sfiora lavatoio, parrocchia, scuole e ambulatorio. In fondo al viale principale, il 3 novembre 1908 viene benedetto anche il campo santo di Crespi d’Adda, progettato da Gaetano Moretti fin dal 1896. Tra il clero convenuto c’è Angelo Roncalli, segretario del vescovo di Bergamo. L’assetto quasi anglosassone del cimitero, costato 100.000 lire, schiera ordinatamente i cippi, che la gestione Crespi offriva gratuitamente alla morte di ogni suo operaio. La cappella monumentale dei Crespi è l’unica proprietà che la famiglia conservi al villaggio: distribuisce 50 sepolture su tre gallerie e una sala centrale, dove vota un altare al Santo Redentore. Sui battenti un’iscrizione tratta dalla liturgia pasquale ripete nel bronzp: Mors et vita duello conflixere mirando: mors morta est; vita e morte hanno cioè ingaggiato una mirabile lotta in cui la morte è morta. 25 metri più in alto le tre personificazioni delle virtù teologali, opera ultima di Antonio Carminati, circondano la croce che corona l’edificio.
Con la benedizione del cimitero, Crespi d’Adda non è più solo un luogo di lavoro, un dormitorio per operai tessili; diventa una vera e propria cittadina. “L’esperimento sociale” è dunque riuscito e il villaggio si popola. Insieme al cotonificio, crescono le strade del villaggio e la moltitudine degli operai. Le scuole inaugurate nel 1890 sono capaci di 200 alunni cui il fondatore provvede gratuitamente quaderno e pennino fino alla terza classe, aggiungendo la quarta dal 1910. Soprattutto le mogli di casa Crespi sono assidue promotrici di beneficenza e patronato sulle iniziative per l’infanzia. Ordine e ritmo cadenzano la via principale, che quasi metaforicamente sfiora la chiesa del Battesimo, le scuole della formazione, i villini del riposo domestico e la lunga corsa dei capannoni, dove le manovalanze chinano le giornate sul telaio. La strada si compie presso il campo santo, dove le piccole morti degli operai si affiancano secondo lo stesso ordine dell’abitato; al cimitero, la verticalità del mausoleo Crespi rievoca quella del castello padronale, alto sulle residenze operaie.
Patrimonio Unesco dal 1995, il villaggio operaio di Crespi d’Adda soffre nel dicembre 2004 la chiusura della fabbrica (allora proprietà Legler), che per oltre un secolo scandisce i ritmi dell’abitato. Solo nel novembre 2013 il gruppo d Antonio Percassi acquista la dismessa tessitura, approntando un progetto di riqualifica del sito.
Cristian Bonomi
Fonti. L. Cortesi, Crespi d’Adda, III ed., Bergamo 2005; L. Cortesi (a cura di), Una Vita – Benigno Crespi Junior si racconta – Infanzia e Adolescenza (1895-1914), Missaglia 2016. Ringrazio l’Associazione Crespi d’Adda.
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