Villa Castelbarco-Albani
Da casa del Signore a casa dei signori. Villa Castelbarco converte in luogo di delizie il chiostro vallombrosano femminile che, votato ai Santi Donato e Carpoforo, viene eretto sull’Adda di Vaprio già col XII secolo. Soppresso in epoca borromaica, il «Monasterolo» (come ancora si chiama la tenuta) passò per doppia vie matrimoniali dalla proprietà Simonetta a quella Castelbarco. Ricorre in villa il leone araldico di questa famiglia dalle origini trentine. Ai Castelbarco si deve l’aggiunta (in perfetto stile impero) di due edifici satellite nei giardini della villa: teatro e pinacoteca, in diretta comunicazione col ninfeo sotterraneo, compiuto tra il 1835 e il 1838. Rinfrescato da giochi d’acqua, il percorso ipogeo viene prolungato dalla novecentesca proprietà dei Quintavalle. A tema storico e marino, l’infilata delle stanze accompagnava gli invitati tra acque torrenteggianti e reperti di varia archeologia.
Villa Robecchi ex-Monti
Sotto lo stemma Monti, «di rosso sfioccato d’argento», il portone secentesco dell’attuale ristorante affaccia su un cortile incompiuto. Già dal Cinquecento la famiglia insiste a Vaprio, tenendo tra l’altro la proprietà dell’isola su cui sorge la cartiera tra Adda e Martesana. Si tratta di un vero e proprio distretto economico cui, al lato opposto del paese, si contrapponeva il quartiere di proprietà Panigarola nella zona dell’attuale opificio Velvis. Esponente più cospicuo del suo casato, il cardinale ambrosiano Cesare Monti (1594-1650) è fautore del convento carmelitano in Concesa. Suo fratello Marc’Antonio è presidente della Sanità a Milano durante la peste manzoniana. Perirà nel contagio e la sua vedova Caterina Caravaggi disporrà per testamento un cospicuo legato all’altare dell’Addolorata nell’oratorio di San Colombano a Vaprio. I Monti affidano probabilmente a Pier Filippo Mazzucchelli detto «Morazzone» (1573-1626) di eseguire nella villeggiatura vapriese gli affreschi oggi conservati a strappo presso Palazzo Isimbardi in Milano. Questo ramo della famiglia si estingue nel 1774 con Paolo Monti, decurione milanese, cedendo i beni superstiti ai Robecchi.
Villa Melzi d’Eril
La casa sulla ripa. Nel 1482 il conte palatino Giovanni Melzi, già difensore delle libertà milanesi, edifica una villeggiatura sui ruderi di un precedente edificio che aveva forse tenore militare. Grotte, scalinate e terrazze pensili svagano gli ospiti di casa, tra cui Leonardo da Vinci, qui precettore dell’allievo prediletto: Francesco Melzi, figli di Girolamo e nipote del citato Giovanni. Lungo i soggiorni vapriesi, il maestro ritrae il traghetto al porto della Canonica e la villa che ospita l’artista. Qui la mano di Leonardo non sembra estranea all’affresco detto «Madonnone». Dalla Francia, dove segue il genio fiorentino, l’allievo Francesco riporta gli scritti leonardeschi che riceve in eredità: i fogli, dispersi dal suo erede Orazio, saranno contesi tra le maggiori biblioteche del mondo.
Francesco Melzi, l’allievo prediletto di Leonardo, si insedia nella casa di Canonica d’Adda, dove la sua stirpe si estingue nel 1721. Tocca invece in eredità al cugino Fabrizio fu Lancillotto l’avita residenza di Vaprio, proprietà ininterrotta della famiglia Melzi (poi Melzi d’Eril per ragioni nuziali) che ancora detiene e preserva l’edificio. La casa vapriese viene restaurata dal 1845 ad opera di Giuseppe Bonacina, che sopraeleva il terzo piano e tampona il loggiato del Madonnone. Conduce al piano superiore una scalinata in pietra di sfumature azzurre e l’ascensore, un tempo mosso idraulicamente.
Villa Pizzagalli Alessandrini
Sul naviglio Martesana la famiglia Pizzagalli, che vanta stimati ingegneri, innalza una casa al cadere dell’Ottocento. L’edificio passa al regista Goffredo Alessandrini che, nel 1935, bacia all’altare Anna Magnani. Nel giardino di questa villa l’attrice china i pomeriggi estivi sui copioni da studiare, macchiandoli di the e uva. Sceglie i grappoli dal fruttivendolo paesano, di persona. Negli anni Trenta restaura la villa l’ing. Pizzagalli, tra l’altro coinvolto alla progettazione di dighe nelle colonie italiane. Nel salone centrale, Anna accoglie Paolo Stoppa, Marcello Mastroianni, Alberto Sordi, Mario Monicelli, Vittorio De Sica e Alberto Lattuada: regista, quest’ultimo risede lui pure residente lungo l’Adda di Vaprio, dove sfolla un archivio in 500 pellicole fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Villa Visconti di Modrone
Stemma su piazza Cavour e torre verso il Martesana. A Vaprio la villeggiatura patrizia dei Visconti di Modrone conserva intatti pozzo, forno e ghiacciaia malgrado la progressiva frammentazione della proprietà. Sul lato est un ninfeo affaccia locali in fregio al canale. La residenza nobiliare è documentata già al 1721, nel catasto di Carlo VI, malgrado perfezioni le proprie forme solo sul primo Ottocento. La famiglia Visconti di Modrone riannoda il legame con Vaprio dal 1865, quando il duca Raimondo rileva lungo l’Adda il vellutificio Velvis (già Sioli-Dell’Acqua) a pochi metri dalla villa.
Cristian Bonomi
Fonti. A. Bacchiet, Il Monasterolo, Gessate 200; M. Chignoli, Fonti per la storia della Cartiera di Vaprio d’Adda (1445-2007). Introduzione storica di V. Sala, Roccafranca 2013; C. M. Tartari (a cura di), La storia di Vaprio, II, III, IV, Vaprio d’Adda 1996-2002. Ringrazio Giuseppe Pezzi e Rino Tinelli.
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