Le baracche di Crespi d’Adda furono costruite a partire dal 1909 e completate entro il 1923. La famiglia Crespi non era estranea ad opere caritatevoli, anche verso chi non abitava al villaggio o lavorava in fabbrica. Il 20 dicembre 1913 moriva Pia Travelli, moglie di Cristoforo Benigno, che primeggiava a Milano tra le donne delle associazioni filantropiche e della Croce Rossa Italiana. Nel giugno 1914, alla vigilia della Grande Guerra, per crisi di liquidità si dovette mettere all’asta a Parigi l’intera collezione d’arte di Cristoforo.
In questo clima caratterizzato da lutti, crisi economiche ed i bagliori di un imminente conflitto di portata europea, non mancarono gesti filantropici da parte del figlio di Benigno, Silvio Crespi, come la costruzione di casette prefabbricate in legno, probabilmente allestite per i reduci di ritorno dalla Libia in seguito alla fine della Guerra Italo-Turca (1911-1912). Una decina di anni più tardi il numero delle baracche aumenterà per ospitare in via provvisoria anche i reduci della Grande Guerra. Tra i 600 giovani crespesi chiamati alle armi, ben 64 non faranno più ritorno a casa.
Dal 1921 (e fino almeno al 1928) uno di questi prefabbricati verrà usato come sede per la Scuola di economia domestica, iniziativa benefica voluta dalla signora Nina Boselli, moglie di Emilio Crespi, organizzata per dodici allieve e tenuta dalla maestra Baronchelli di Bergamo. A Nina, che con il marito risiedeva in Villa Gina a Concesa, si deve anche la ristrutturazione e l’ammodernamento dell’ambulatorio crespese. Durante gli anni del secondo conflitto mondiale le baracche verranno adibite all’ospitalità di un distaccamento dell’aviazione italiana. Nell’aprile 1942, in piena guerra, si conteranno 76 abitanti nelle baracche, per un numero complessivo di 180 individui in sovrappopolamento. Una colonia di bambini napoletani sfollati si stabilirà a Crespi durante l’ultimo anno di guerra. Per un mitragliamento sugli edifici perì un aviere qui di stanza e fu tranciata la gamba ad un bambino di nome Vincenzo.
Benché poco adatte a fungere da residenza di tipo permanente, dal 1945 le strutture manterranno la funzione abitativa fino ai giorni nostri mentre altre saranno adibite a deposito o ricovero di attrezzi agricoli. Delle dodici baracche complessive esistenti nell’anno 1923 ne restano oggi solamente sette. Le cinque scomparse verranno demolite tra il 1954 ed il 1979. Quasi tutte quelle oggi esistenti hanno subìto massicci interventi di ristrutturazione che ne hanno reso nuovamente possibile l’uso residenziale.
Gabriele Perlini
Bibliografia
L. Cortesi, Crespi d’Adda, villaggio ideale del lavoro, III edizione, Grafica Monti s.n.c., Bergamo, 2005.