E gli uomini se ne vanno a contemplarele vettedelle montagne, e i flutti vasti del mare, le ampie correnti dei fiumi, l’immensit dell’oceano, il corso degli astri, e passano accanto a se stessi senza meravigliarsi (Sant’Agostino).
Figure positive illuminano la società. Tra loro Padre Benigno Calvi Carmelitano scalzo, (1909-1937) segno di fede e umanità, generoso come le acque lombarde. Con queste parole Lucia Benedos e Mario Fordiani, studiosi del sacerdote inzaghese, ne introducono la biografia secondo i luoghi che la ambientarono: soprattutto tra fiume Adda e naviglio Martesana.
Sembra che un’energia misteriosa scorra ancora lungo il naviglio, nelle tante rogge e canali che dallo stesso si dipartono nelle campagne e soprattutto nel maestoso Adda che delimita il territorio martesano. In qualche modo questo fascino e quest’ energia condizionano ancora quanti si trovano a passare lungo il naviglio. (Mele G., La Martesana e il suo naviglio, Meravigli edizioni 2014, p. 106)
Tra le energie di valore che legano le persone ai luoghi, c’è un giovane personaggio che ha avuto e ha tutt’ora a che fare con la nostra memoria storica: per le sue qualità altruistiche e per il suo donarsi a Dio senza riserve, accettando per amore le prove della vita. Animato dalla volontà di «riparare l’immenso male che circola fra gli uomini» («Discorso per la professione religiosa» del 8.12.1935 e Benedos L. pp. 106-107)
1. Le radici lombarde di Padre Benigno Calvi, al secolo Angelo Calvi. Servo di Dio, sacerdote professo dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi. Cenni biografici
La parabola della vita di padre Benigno Calvi abbraccia tre importanti periodi della storia d’Italia: l’ultima fase dell’età giolittiana, la Grande guerra, il drammatico dopoguerra e l’avvento e l’affermazione del regime fascista.
- Nasce il 23 luglio1909 nel borgo agricolo di Inzago (Milano) in una modesta famiglia di contadini. I suoi genitori, Francesco Calvi e Teresa Ceserani sono cattolici. Quattro sorelline muoiono precocemente, di cui due prima della sua nascita (Maria nel 1907 e Maria nel 1908) e due successivamente; la mortalità infantile dei primi del ‘900 in Lombardia, in Italia ed in Europa è molto elevata, soprattutto negli ambienti poveri e rurali. Angelo si prenderà cura, con la responsabilità del primogenito, del fratellino Luigi “Luisin” (nato il 13.3.1911) e delle due sorelle più piccole: Maria (nata il 8.1.1913) e Ottavia (nata il 22.4.1919).
- Maggio 1915. Il padre Francesco (nato il 25.1.1880) è richiamato alle armi all’inizio della Prima guerra mondiale; parte per il fronte come conducente di muli in prima linea, ritornerà nel settembre del 1918, continuerà a lavorare come bracciante agricolo, poi come magazziniere in un cantiere edile di Milano e quindi a Inzago come scavatore di ghiaia in una cava.
- 1915-1918. Triennio della Grande guerra. La madre Teresa (nata il 6.8.1884) alle prese con la fame, con i figli e con l’abbandono della campagna, sostituisce il marito in tutti i lavori, con l’aiuto del piccolo Angelo “Angelino”.
- Gennaio 1922. Muoiono due sorelline a distanza di soli tre giorni, Angela di cinque mesi ( nata il 29.8.1921) e Serena di tre anni (nata il 22.4. 1919); i due eventi traumatici provocano un crollo psicologico in mamma Teresa.
- 1922. Conclusa la sesta elementare con profitto, il tredicenne Angelo contribuisce alle esigenze familiari, trova lavoro come apprendista nella falegnameria Caldarola.
Mamma Teresa Ceserani coi figli (primo da sinistra, “Angelino”)
- Settembre 1923. Arriva nella parrocchia di Inzago don Giuseppe Calegari; è coadiutore per l’oratorio maschile frequentato da molti ragazzi, tra cui Angelo; grazie alla sua direzione spirituale per adolescenti e giovani, eserciterà un influsso decisivo sulla sua vocazione carmelitana (30 giovani sceglieranno la vita religiosa e il sacerdozio).
- Dicembre 1924. Inaugurazione ufficiale dell’oratorio femminile di Inzago.
- Ottobre 1926. Presentazione della domanda di ammissione al Carmelo, scritta da Angelo, a 17 anni.
- Novembre 1926. Angelo entra nel collegio-seminario carmelitano per le vocazioni adulte di Cherasco in Piemonte; deve riprendere gli studi interrotti, con non poche difficoltà per prepararsi ai corsi filosofici e teologici; viene giudicato non idoneo per gli studi, i superiori gli consigliano di desistere, si classificherà in seguito, come uno dei migliori del suo corso.
- Giugno 1928. Finito il biennio di Cherasco, viene destinato al Convento di Concesa (Trezzo sull’Adda) dove veste l’abito carmelitano con il nome di «fra Benigno di S. Teresa del Bambino Gesù».
- Giugno 1929. Emette la Professione religiosa a Concesa, si trasferisce con i compagni allo Studentato di Milano per il biennio filosofico e per il primo anno di teologia.
- Luglio 1932. Dopo la Professione solenne a Milano, si trasferisce nel Convento di Piacenza, per il triennio di studi teologici: 1933, il suddiaconato; 1934, il diaconato; 1935 il presbiterato.
- Maggio 1935. Viene ordinato sacerdote nella chiesa del convento dei Padri Carmelitani a Piacenza.
- Giugno 1935. Celebra la prima S. Messa a Inzago, suo paese natale.
- Luglio 1935. È destinato a Bologna come cappellano provvisorio delle Carmelitane Scalze.
- Ottobre 1935. Ritorna a Piacenza per l’esame finale e per ricevere l’abilitazione alle confessioni.
- Dicembre 1935. A Torino, presso la Comunità carmelitana per dirigere i gruppi dei terziari carmelitani e dell’Azione Cattolica Femminile, per assistere gli ammalati, e per frequentare le lezioni di teologia presso il Seminario di Torino.
- Aprile 1936. Riceve l’abilitazione per il ministero della confessione
- Giugno 1936. Coadiutore nella parrocchia di Concesa, con l’incarico di Vice-maestro dei novizi.
- 1936. Fase oscura e cruciale per i Carmelitani della Provincia Lombarda, legata al Fallimento della casa editrice S. Lega Eucaristica e della Bertarelli; lo scandalo è di dominio pubblico; Padre Benigno e tutti i confratelli sono preoccupati per il pericolo concreto e morale incombente – i dieci conventi dei padri e gli otto monasteri delle monache corrono il rischio di essere ipotecati e di conseguenza un centinaio di frati e quasi duecento monache rischiano di ritrovarsi in strada-. L’intera vicenda, iniziata nel 1933 si concluderà nella primavera del 1938 con la condanna dei truffatori.1
- 1937. Padre Benigno accusa forti dolori addominali per alcuni mesi: una peritonite non diagnosticata lo condurrà alla morte.
- 21ottobre 1937. É costretto a letto dai forti dolori intestinali.
- 23 ottobre 1937. Viene trasportato d’urgenza all’ospedale di Legnano e sottoposto ad intervento chirurgico di peritonite da perforazione del colon.
- 25 ottobre 1937. Riceve l’estrema unzione e muore il, a 28 anni, mentre il fallimento editoriale era ancora sotto processo giudiziario
- 27 ottobre 1991. Apertura della Causa di Canonizzazione.
- 20 Dicembre 2003. Viene dichiarato Venerabile da papa San Giovanni II.
2. Inzago e Concesa. L’infanzia e l’adolescenza di Angelo-Angelino Calvi. Testimonianze e commenti
Gli anni del dopo-guerra sono difficili e duri anche a Inzago. Nei cortili e nei campi i ragazzi camminano scalzi, non possiedono scarpe, portano zoccoli intagliati nel legno da tenersi con cura per andare in chiesa e a scuola (cfr . Una Carmelitana Scalza, P. Benigno Calvi il profumo del Carmelo, pp.34- 36).
Nel gennaio 1922 muoiono due sorelline, Angelo ha 13 anni e termina con lode la sesta elementare; nel novembre del 1923 la famiglia Calvi si trasferisce nella Cascina di San Gerolamo, ancor più fuori paese; alla fame si susseguono varie epidemie, spagnola compresa, le entrate sono sempre più scarse, i bimbi da crescere sempre più pallidi e gracili. A 14 anni contribuisce alle esigenze familiari, iniziando il lavoro di apprendista nella falegnameria Caldarola.
«Premetto che mio fratello – sono parole del fratello Luigi –, era un ragazzo molto responsabile, allegro e generoso. Aveva 13, 14 anni; aiutava molto la mamma, lavava i piatti, le pentole […] Poi, noi avevamo i bachi da seta. Si piantava le tavole: lui ragazzino, per aiutare la mamma si arrampicava su per dare la foglia, quelle del gelso. Dopo, andava a lavorare; lì, in bottega, [in via Piola] faceva il falegname, e prima di andare alla bottega – era un ragazzino – con il giacchettino in mano andava in chiesa a salutare Gesù, a fare la visita. Un ‘altra cosa. Siccome mio papà era contadino, avevamo la terra qui, al “Soldone” e mio papà aveva la mucca. Ci mandava quindi, noi due – lui era maggiore di me di due anni -, a fare l’erba per la mucca. Ma io a dir la verità non avevo molta voglia di lavorare, mi piaceva giocare. Lui, tutto deciso, tutto sudato, faceva l’erba. Ogni tanto io lo facevo diventar matto, perché mi piaceva dargli dei pizzicotti: lui allora mi correva dietro ed io scappavo. Un’altra cosa importante. Anche se stava lavorando, quando sentiva la campana che annunciava che si stava portando il viatico a qualche morente, piantava lì tutto, prendeva la giacchettina e correva in chiesa. Aveva 12, 13 anni. Mio papà non gli diceva niente, perché sapeva che era molto attaccato alla pietà, e andava in chiesa a sentire il prete […] Terminate le scuole elementari chiese di poter lavorare come apprendista falegname per dare un aiuto alla famiglia che non versava certo in floride condizioni economiche. Aveva capito che avevano bisogno di lui; ed anche dopo la partenza per Cherasco, questo legame lo mantenne per tutta la vita partecipando da vicino a tutte le situazioni ed avvenimenti della vita dei genitori e parenti. […]
La bontà di Angelo è frutto di autodisciplina e lo testimonia, in modo illuminante un suo compagno di lavoro:
«Io gli sono stato compagno nella bottega di falegname. Minore di cinque anni, talvolta non riuscivo a reggere bene la sega quando segavamo in coppia. Quando vedeva che tiravo storto, faceva capolino e mi guardava con aria ammonitrice, senza dir parola. Era un furiosetto!” Quando non era al lavoro a casa o in falegnameria, era in oratorio (P. Claudio Truzzi Il Servo di Dio, P. Benigno Calvi. Cfr. Relazione del Congresso Speciale della Congregazione delle Cause dei Santi del 26.9.2003, Congregatio De Causis Sanctorum, beatificazione e canonizzazione del Servo di Dio Benigno di Santa Teresa di Gesù Bambino – nel secolo: Angelo Calvi – sacerdote professo dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi).
Il centro di aggregazione è l’oratorio di Inzago e Angelo lo frequenta più che può: amici, chiacchiere, gioco, letture, istruzione. Tutto quello che può prendere lo prende (intervista a Eleonora Mauri).
In questo ambiente respira lo spirito salesiano di allegria, spiritualità e coraggio, grazie anche a P. Calegari, ex allievo dei Salesiani di Milano che promuove l’Avanguardia Cattolica. Dopo un periodo di “lotte” per controbattere i giovani comunisti e i giovani fascisti, Angelo, “che non si è mai tirato indietro” si dedica alla pietà e al buon esempio ai compagni».
A17 anni raggiunge il massimo grado di bravura nella sua arte di falegname, sa già fabbricare mobili per gli sposi (Una Carmelitana scalza, p. 48 e 71)
Sarebbe stato, un ottimo falegname: un professionista dell’artigianato affidabile, puntuale e preciso in ogni fase del proprio lavoro, nei rapporti come con i clienti. (Benedos L., Voglio andare a frate dall’analisi grafologica dei manoscritti del 1926, pp.21-24)
3. I luoghi ieri e oggi, le acque, la scoperta della vocazione al Carmelo
Il convento di Concesa annesso al Santuario della Divina Maternità è lambito dal canale Martesana, che nasce poche centinaia di metri prima. Il canale fu fatto costruire dal duca di Milano, Francesco Sforza, nel 1457 come canale irriguo per tutta la campagna intorno a Milano; parte dall’Adda poco sotto il castello di Trezzo d’Adda. Nel 1465 il suo successore, Giangaleazzo, lo volle trasformare in canale navigabile. Così i primi barconi iniziarono a trasportare, in lunghi viaggi a Milano, attraverso il Martesana, sabbia, pietre, marmi, legname e tutto quanto poteva servire per le case di Milano o dei vari paesi e città che il canale attraversava. Le barche, che dovevano risalire la corrente erano trainate dalla riva dai cavalli, legati ad esse con robuste funi e guidati da conducenti, che da terra dirigevano le operazioni di trasporto.
Anche ai tempi in cui Angelo era un ragazzo questo sistema di trasporto via fiume era in uso e nei giorni di festa, più di una volta all’anno, il barcone veniva noleggiato dai giovani dell’oratorio di Inzago per arrivare in allegra scampagnata fino al santuario di Concesa. Ma «la povertà non permetteva che potessero parteciparvi in due [Luigi e Angelo]» ( Una Carmelitana scalza, p. 63).
Il suo amico e confratello Carlo Caldarola ricorda, di questo periodo, una visita al convento di Concesa:
«Ogni anno l’Oratorio S. Luigi faceva una bella passeggiata a Concesa, con barconi sul Naviglio Martesana. Anche l’ anno 1924 si fece questa passeggiata, e giunti al Convento-Santuario entrammo per la preghiera, mentre all’ Altare si stava compiendo la cerimonia della Vestizione di un gruppo Vdi Novizi. Era il 14 Settembre del 1924. Meravigliati, ci guardammo in viso come per dire: “È bello!”. Allora io esclamai: “Veniamo anche noi?”, e terminato, uscimmo di Chiesa, ma quella visione rimase nel nostro spirito. Angelo decise poi per il Carmelo, mentre io scelsi per don Bosco. Nulla però sapevo della sua decisione. S. Teresa del B.G., lo aiutò e ne venne imitatore» (P. Claudio Truzzi dal sito del Santuario di Concesa, “Amici di fra Benigno”)
La domanda di ammissione al Carmelo
Nel 1926, anno in cui Angelo entra nel Collegio-seminario carmelitano per le vocazioni adulte di Cherasco, viene organizzato un corso accelerato di lingua latina e letteratura italiana per i giovani che hanno lasciato la scuola e si sono avviati alla professione (Una Carmelitana scalza, p. 86)
E Angelo rientra in questa categoria anche perché da cinque anni maneggia quotidianamente pialla e sega, piuttosto che usare la penna.
Va ricordato che nel 1921 il tasso di analfabetismo nazionale era del 32,5%.
La domanda di ammissione al Carmelo, scritta il 24.11.1926 a 17 anni
Sono ancora evidenti le tracce dell’insegnamento ricevuto nelle scuole elementari – Angelo ha frequentato la sesta elementare – ma il suo bisogno di armonia è già quello di un adulto, ed è autentico. Indipendentemente dalle influenze dialettali e dal lessico inadeguato […] Lo sforzo applicativo si riflette sulla resa grafica che presenta errori ortografici, punti di ripensamento o costruzioni banali, revisione delle lettere malformate. (Benedos, dall’ analisi manoscritto de1926, pp.21-22).
.4. Il santuario di Concesa e il convento dei Carmelitani Scalzi.
Costituito nel 1850 «Casa di noviziato» il convento di Concesa ospita nel corso di questi anni centinaia di religiosi: tutti i carmelitani lombardi hanno iniziato qui la loro vita regolare e la loro formazione carmelitana. (opuscolo s.d., p. 24)
I Carmeltiani Scalzi, che dal 1647 reggono il santuario di Concesa, sono i figli spirituali di santa Teresa di Gesù (d’Avila), prima donna, e di San Giovanni della Croce, lui pure Dottore della Chiesa.
Lo spirito del Carmelo si basa su tre elementi fondamentali: orazione, mortificazione, apostolato.
Dagli appunti di un compagno, su P. Benigno, (P. Truzzi):
«L’anno del Noviziato (a Concesa, nel 1928) non mi ricorda nulla di straordinario in lui. Era Vice decano. Si prestava volentieri e sempre sorridente al servizio degli ammalati. Amava molto i fiori e quando s’andava a passeggio ne portava sempre in convento qualche mazzetto raccolto nelle campagne o sulle rive dell’Adda per la Cappella del S. Noviziato. Non ricordo di averlo visto una volta col viso imbronciato. Una delle doti che spiccavano maggiormente in lui, dopo la carità, era una grande semplicità.
E’ d’uso tra i giovani frati esercitarsi nella predicazione durante le liturgie interne alla comunità. Dalla prima predica su san Giuseppe – patrono dei falegnami – preparata per i confratelli novizi:
«Fratelli, quanto sono ammirabili i disegni dell’Altissimo! Dio dopo d’aver creato il mondo, dopo aver dato legge al firmamento, fisato i limiti al mare, distribuito i colori ai fiori, e dato a tutte le cose il fine particolare secondo di chi avessero ad operare. Dedicò, diremo così, il suo maggior ingegno all’uomo, il quale era destinato ad amarlo, servirlo e adorarlo.» (P. Benigno, prima predica: Discorso su S. Giuseppe tenuto ai novizi, 1928-1929).
I toni lirici ed il senso dello stupore sono genuini: corrispondono all’intensità del suo calarsi affettivo nella narrazione del modello del Santo, nell’immedesimarsi nel ruolo di “messaggero” diligente che ripete e trasmette gli insegnamenti assimilati secondo sequenze logiche lineari, di immediata presa e comprensione . Espone efficacemente e senza filtri interpretativi le implicazioni spirituali, morali e dottrinali della vita carmelitana, in una sorta di catechesi che coinvolge tutti […] Risulta credibile agli occhi dei compagni sia perché viene percepito il suo sentimento di appartenenza alla comunità, sia perché parla come uno che vive ciò che annuncia. L’appellativo fratelli viene usato sei volte in quattro pagine. (Benedos, p.38)
5. La sacralità dei luoghi culturali
«I pellegrini giungevano non so a piedi o su carri, ma anche su barconi trainati da cavalli lungo le sponde della Martesana– Come risulta da alcuni quadretti votivi antichi, conservati presso il Santuario […]».
L’affresco “La Madonna del Boscaiolo” ha ricevuto il saluto, le preghiere e le confidenze di tutti i barcaioli che sul Naviglio vivevano la loro dura vita di sofferenza e di speranze (Opuscolo dei Padri Carmelitani in Concesa, La «Madonna di Concesa» o «La Madonna del latte, “Santuario della Divina Maternità” p.11-36)
Nella devozione popolare la vergine Maria è stata idealizzata (vedi Dante, Paradiso). Se di fronte a Cristo la gente si sentiva discriminata come onesta o peccatrice, di fronte alla Madonna si sapeva amata così com’era. Tutti si sapevano prediletti; per il ceto femminile, per i novizi e i chierici che la decantavano e cantavano nei romitaggi (Goffi T., La spiritualità contemporanea p. 336).
In ogni epoca la devozione mariana ha assunto e risemantizzato alcuni tratti specifici del contesto culturale ed ecclesiale all’interno del quale questi culti particolari nascevano. Per rimanere ad un esempio diffuso nel nord Italia le tante Madonne del latte medievali, oltre a riprendere un’iconografia antica attraverso la quale si era cercato di diffondere il dogma di Maria Madre di Dio, sono anche promosse in difesa della verità dell’incarnazione contro ogni altra dottrina che metteva in dubbio questo elemento fondamentale della fede cristiana (P. Fausto Lincio, Domina loci, un’ideale di amor cortese? Rivista Il Carmelo oggi, maggio 2018 pp. 1-2).
La classicità suggerisce che i luoghi possono avere un’anima e diventare sede di uno spirito del luogo, di un genius Loci. I luoghi si guadagnano l’anima attraverso un processo di contenimento di affetti, che viene operato dalle diverse generazioni di persone che li hanno abitati.
Con cartolina del 15 giugno del 1936 Benigno comunica il suo trasferimento a Concesa all’amico storico Carlo Caldarola, studente di teologia presso i salesiani, «l’ubbidienza mi ha destinato nel S. Noviziato di Concesa. Quanta pace, quanta tranquillità in questa nostra S. Casa! E gli esami tuoi? Auguri».
6. Il dialetto, la vita in parrocchia, le condizioni di precarietà
«Unico suo rammarico, durante la visita dei genitori – al Collegio – seminario di Cherasco (Cn) – fu il dover parlare italiano con i suoi cari, i quali, come si usa in Lombardia, parlavano in dialetto. Ne rimase tanto umiliato che ne pianse, quasi che col suo linguaggio avesse temuto di offenderli». L’osservazione, che mette in luce la delicatezza d’animo del 17enne Angelo, è di un compagno di seminario (p. Claudio Truzzi)
Non rinuncia, da sacerdote, al parlato affettivo originario. Scrive ai parenti in gergo dialettale schietto per informarli, per chiedere e rispondere alle loro richieste. Li coinvolge “in rete”, quasi fosse una chat, con un linguaggio familiare che annulla ogni distanza fisica e psicologica (Benedos, p. 59)
«Io pure godo ottima salute, devo studiare assai, perché quanto prima debbo dare gli esami per la Confessione. Dite a Rosa Margutti che venerdì scorso sono stato a trovare la sua Maria, com’è stata contenta! l’ho trovata assai grassa e giuliva d’essersi consacrata al Signore e con lei ho trovato un’altra della cascina Bonetta… A margine: «Ossequi al S. Prevosto e Coadiutori; saluti alla Maestra Besana» (la sua maestra)Vi saluto tutti con affetto abbracciandovi uno ad uno» (Lucia, esame, p. 59) ». (lettera alla Famiglia Calvi del 23.2.36 da Torino)
Le narrazioni di disagio che accomunano il 27enne Padre Benigno, ai propri parrocchiani si riferiscono all’attività pastorale di vice-parroco svolta con cura e premura a Concesa dal 1936 al 1937.
«A quel tempo i bambini di Concesa, quelli della gente comune, parlavano solo in dialetto – e quello di Concesa non era di certo dei più evoluti -. Un giorno, sempre quella persona «per bene», prese in giro un bambino per la sua parlata. E lui, il buon Padre – Benigno -, accarezzando il piccolo, che era rimasto male, disse all’altra: “Lui parla come gli ha insegnato la sua mamma!” (da una testimonianza resa il 15.11.1987, p. Claudio).
«In parrocchia a Concesa saliva presto il mattino per la strada ripida, che dal convento portava in paese. Fosse pure inverno, a piedi scalzi, su ghiaccio e neve, per le 5.30 era puntuale in chiesa. Distribuiva l’Eucaristia a chi doveva essere presto al lavoro, celebrava la Messa alle 6, poi sostava ancora in chiesa per le Confessioni e per altre Comunioni. […] Le sue visite non erano mai frettolose, il suo linguaggio era subito inteso perché era linguaggio d’amore rivestito con le parole del dialetto accompagnato da un sorriso, che in certe penose situazioni di miseria e sconforto valeva più dell’oro e di un raggio di sole. Più un fratello o una sorella era in croce, più aveva il suo tempo, il suo affetto, le sue cure. (dal Profumo del Carmelo, pag. 174-75)
La persona dal cuore semplice è dotata di una grande libertà interiore, conservando autonomia di giudizio ed esercitando un forte senso critico. Riconosce, in tutte le situazioni, il primato dell’uomo sulle cose ed è pronta a ricercare il bene di tutti, sapendo sacrificare il proprio quando è necessario. E’ una persona che ha raggiunto un livello di grande equilibrio spirituale (Semplicità, in quaderno Servitium n. 154/2004, p. 89)
Le testimonianze aiutano a comprendere le condizioni di estrema di povertà delle famiglie di Inzago e Concesa e le forti disuguaglianze socio-economiche tra ceto popolare e benestanti. Convivevano infatti, nel territorio dell’Adda, dimore lussuose abitate da esponenti dell’alta società, con situazioni di miseria economica e disoccupazione che obbligavano i lavoratori ad abbandonare la campagna per emigrare in zone più industrializzate. Come accadde al papà Francesco e al fratello Luigi nel periodo 1935-37.
Villa Cavenago poi Colombo a Trezzo sull’Adda Via Borromeo d’Adda a Cassano d’Adda, progetto del Piermarini
Le ville intorno a Milano, sviluppatesi spesso lungo le strade d’acqua, i navigli, hanno rappresentato il luogo di vacanza o di caccia della nobiltà milanese del’700 e dell’800.
Il Naviglio Martesana, regala al paese alcuni paesaggi particolari e ha contribuito nella storia ad attrarre nobili e borghesi che hanno fatto sorgere le loro dimore estive e che ancora oggi sono un bene per la comunità.
La villa era soprattutto un osservatorio privilegiato sul paesaggio, ma non in senso moderno, bensì orientato verso il controllo dell’attività agricola.
Le cascine uniformemente distribuite sul territorio, quasi a presidiarlo, facevano capo alla villa, residenza estiva della proprietà e centro direzionale dell’attività agricola del fondo che spesso di sviluppava in più comuni… Le proprietà aristocratiche non si configuravano come latifondi, ma condividevano il territorio coltivabile con la proprietà ecclesiastica e quella borghese parcellizzata in piccoli fondi. (Ville di Delizia e dimore storiche in Martesana, p. 10; Alemani F. Ferrario Mezzadri E. Motta E., Riva D., B&Edizioni, 2017, p.10)
Ulteriore fattore di precarietà e instabilità sociale è la chiamata alle armi dei giovani.L’ansia per il futuro del fratello Luigi, richiamato a Torino e fatto abile per l’Africa orientale, si manifesta nella domanda rivolta ai familiari rimasti in cascina a Inzago: «Luigi è partito volentieri o no?2. (cfr. Una Carmelitana Scalza, p. 143)
Le parole accorate che rivolge al fratello, minore di due anni, sono più che giustificate. Siamo nel periodo in cui l’Italia fascista invade, conquista e si annette l’Etiopia (2 ottobre 1935-maggio 1936) e molti giovani vengono chiamati alle armi. Non sfuggono alla propaganda bellica del regime neppure i quaderni su cui Benigno scrive appunti e omelie.
«E tu Luigi non addolorarti per il prossimo richiamo alle armi il Signore ti ha aiutato fin ad ora vedrai che non mancherà per l’avvenire», Torino 23.2.36 alla Famiglia Calvi
7. I temi delle omelie, altre lettere
Le esortazioni ad alzare lo sguardo oltre le sciagure incombenti trovano fondamento ed ispirazione in quelle pensate per i fedeli durante la stesura della predica «Epifania – 1936»:
Ogni giorno il Signore ci parla e ci ammonisce che esiste una eternità, che per tutti esiste la morte e ce lo dice con le disgrazie, con le morti improvvise che sono all’ordine del giorno, ci mette d’innanzi questi avvenimenti, queste sciagure come altrettante stelle luminose per dirci la vanità delle cose terrene, per significarci che il nostro sguardo non deve essere fisso sulle bassezze di questo mondo, ma deve essere continuamente rivolto alle celesti, alle eterne, alle verità che hanno formato dei Santi; grandi Santi che noi oggi veneriamo sugli altari.
In tutto il tempo che i Padri ebbero cura della parrocchia di Concesa, favorirono lo sviluppo dell’Azione Cattolica. La frase di chiusura e i termini affettivi che si leggono nei due fogli di appunti scritti da in occasione dell’ inaugurazione ufficiale Associazione Uomini Cattolici presso Parrocchia di Concesa e riferibili al 31 gennaio 1937, lasciano intendere quanto stia a cuore, a P. Benigno, il futuro della gioventù e delle famiglie concesine:
«Alla gioia intima che pervade il cuore di tutti gli uomini di A.C. della nostra cara Concesa, vedendosi appagati i loro ardenti desideri e coronati loro sforzi, erompe spontanea anche la letizia che sta racchiusa nei nostri giovani e piccoli cuori. La gioventù di A.C. esulta e si associa amorosamente alla vostra Festa – Noi ci sentiamo orgogliosi di appartenere all’esercito orgoglioso dell’Azione Cattolica, perché esso è un esercito che ha una storia di millenni, che non ha conosciuto e non conoscerà sconfitte: dare i nome a questo esercito ed esserne buoni e generosi soldati deve essere motivo di santo e nobile orgoglio…»
«Cristo regni nella famiglia, nella società, nel mondo con la sua prerogativa di Re d’Amore – Rallegramenti!».
Le parole con cui manifesta l’ansia pedagogica di tutelare la famiglia e la società dal contagio della corruzione sono forti e chiare.
«Cristiani, genitori, adulti, giovanotti prima di parlare, prima di operare riflettiamo, non facciamoci apostoli del male collo scandalo, non assassiniamo le anime, non vogliamo scusare le nostre libertà col dire che i piccoli non capiscono la portata di certi nostri discorsi, di certe nostre frasi, che non comprendono la malizia di certi nostri scherzi… capiscono eccome e non per nulla si dice che al giorno d’oggi i figlioli nascono con gli occhi aperti…;sembrerà a noi che il fanciullo o la fanciulla non sia attenta a quanto stiamo dicendo, ma ricordatevi che il piccolo è curioso per natura e mentre forse è tutto dedito al gioco il suo orecchio è teso al gruppo dei giovani, alla mamma la quale forse in compagnia di un amico o peggio del marito discorrono disonestamente ed il fanciullo ascolta, beve e seppellisce nella sua anima quella malizia, la quale, svegliandosi a suo tempo, rovinerà forse tutta la sua giovinezza.
Sono degli scandalosi i disonesti che non si fanno scrupolo di coscienza di…insegnare raggiri e patteggiare con persone poco oneste». (Quaderno Appunti omiletici – «Scandalo»)
La visione preoccupata e combattiva di P. Benigno non si limita ai costumi e alle pratiche religiose dei concittadini, oltrepassa i confini regionali e diventa aperta denuncia dei crimini di guerra; in particolare della feroce repressione degli ordini religiosi avvenuta in Spagna nel corso della guerra civile spagnola (1936-1939) scoppiata il 20 luglio 1936.
Ne parla ai fedeli lombardi cinque mesi dopo l’inizio dei massacri, nel dicembre del ’36, nell’ omelia scritta per la festa dedicata a San Giovanni della Croce, spagnolo carmelitano e grande mistico (1541-1591).
Sono massacri crudeli di timide religiose ed umili frati, sono chiese fatte saltare in aria dalla dinamite, sono opere d’arte ridotte ad un pugno di cenere, sono disordini, sono bestemmie, sono sfide sacrileghe che si lanciano contro il Creatore perché non si vuole sottostare alla sua Croce, al suo Vangelo.
Nel 1936 il governo italiano inviò “volontari” (in realtà militari e camicie nere fasciste) a partecipare alla guerra civile spagnola dalla parte degli insorti contro il legittimo governo di Madrid. Le violenze anticattoliche indussero l’opinione pubblica cattolica a sostenere anche questa impresa, che in realtà bruciò risorse del paese senza alcun vantaggio pratico. Padre Benigno morì il 25 ottobre 1937, mentre la guerra era ancora in corso. (Alfredo Canavero, Milano, 2019)
Picasso compose il quadro in soli due mesi dopo il bombardamento di Guernica…”Guernica” fece il giro del mondo diventando molto acclamata, ma soprattutto servì a far conoscere la storia del conflitto fratricida che si stava consumando nel Paese Iberico.
Sulla fatica del predicare Giovanni Moioli osserva: «Predicare, rimproverare, correggere, edificare, attendere ai bisogni di ciascuno, è un gran peso, un gran carico, una grande fatica. Chi non rifuggirà da questa fatica? (Moioli G., Scritti sul prete; Glossa Milano, 1990, p. 280)
Infatti, il giovane Padre prepara le omelie con cura, le trascrive e corregge sui quaderni con buoni risultati di “audience”. Stando alle parole di un teste, ama un’altra grande e faticosa pratica sacerdotale, quella del colloquio in confessionale.
“Alla predicazione preferisco il confessionale” e [P. Benigno] parlava sottovoce quasi a dirne il valore nascosto e aggiunse: “dal pulpito io predico, ho tanto pubblico. All’uscita gli uditori dicono: ‘ha predicato bene’ e ciò può inorgoglire, salvo non ricordare il contenuto. Nel confessionale invece ho davanti una persona, sono lì a tu per tu. Ascolto le pene e le preoccupazioni […]; io gli do –in nome di Cristo- il perdono. Gli do poi il conforto, il consiglio, quello che sento; io vorrei comunicarlo all’altro per ovviare alle sue sofferenze e ridargli quella serenità necessaria ad affrontare le difficoltà” (Positio super virtutibus, Mediolani, 1995, in tesi Lucia Lione, p.33)
7. Temi delle omelie, altre lettere – I GENITORI
L’esigenza affettiva di stare a «tu per tu» si manifesta anche nella lettera a zia Giulia del 29 luglio 1936, scritta con un parlato molto spontaneo e colloquiale. Si percepiscono bene, qui, la responsabilità per le vicende famigliari, la concretezza austera dei costumi e l’importanza della vocazione personale. I sentimenti protettivi spaziano dalla preoccupazione per il futuro matrimoniale della sorella Maria, minore di quattroanni, alla prassi di sorveglianza durante il periodo di fidanzamento, all’interessamento sullo “status” dell’innamorato, alla sistemazione sentimentale e professionale del fratello Luigi, ancora in cerca di lavoro.
«Prima di dir sì bisogna interessarsi bene se è un ottimo giovane, se non ha difetti eccetera, ed una volta accertatisi procedere avanti; perché lo dicono anche i Santi una volta fatta la scelta non tirare in lungo. Mi dispiacerebbe assai dovesse succedere qualche cosa di mia sorella – Parlando con Maria ho avuto l’impressione che sia diventata più seria e più donna – Speriamo- Io prego tanto in questi tempi per lei perché il Signore abbia a illuminarla, benedirla e farle scegliere un giovane che sia per lei un aiuto sia spirituale che materiale e il passo che si prepara a fare per il maggior bene dell’anima sua. Tutti dobbiamo seguire la nostra vocazione, io ho seguito la mia e sono felice, lei se è chiamata al matrimonio vada, perché anche in questo stato potrà santificarsi e santificare – Mi raccomando quindi di farne parola a mio papà e di interessarsi di questo che è suo obbligo e suo dovere. Vi raccomando di scrivermi ancora…» (lettera a zia Giulia del 29 luglio 1936)
Come si legge dall’ esortazione alle terziarie carmelitane di cui è direttore spirituale, Padre Benigno non rientra nella categoria delle persone tiepide o annoiate. L’urgenza di esternare il proprio pensiero, con i toni veementi e invasivi emerge in particolare, dal secondo foglio degli «Esercizi», del settembre 1937. Non stupisce quindi la sua avversione per l’indifferenza,ovvero, per «l’etisia del corpo e dell’anima».
«Etisia del corpo, etisia dell’anima, attenzione a questa malattia terribile che rovina delle esistenze e così l’etisia dell’anima che è indifferenza. Il Signore ha una frase terribile per i tiepidi: «Perché eri ne caldo né freddo, perciò di ho rigettato dal mio cospetto». L’anima tiepida fa tutto con noia, la fervorosa fa come l’ape che da fiore in fiore raccogliere il nettare»
E là dove sostiene che la perfezione non consiste «nel dire tanti Pater», bensì «nell’osservare i doveri del proprio stato con esattezza, «purità di intenzione e con costanza», – concetti non a caso sottolineati – sta trasmettendo alle ascoltatrici un distinguo di sostanza: tra il praticare l’ osservanza formale e il far proprio, invece, uno stile di vita corretto-virtuoso, base della santità a portata di tutti.
(Benedos, analisi scrittura pp.92-04)
«Tutti dobbiamo tendere alla perfezione non già come credono tanti i quali fanno consistere la perfezione nel dire tanti Pater, ma questa consiste « nell’esercizio della virtù e nell’osservanza dei doveri del proprio stato, osservarli con esattezza, purità di intenzione e costanza».
Concesa, Esercizi per le terziarie carmelitane 23-26 settembre 1937 f.2
8. La malattia, gli ultimi giorni
«Aveva tenuto nascosti a tutti i dolori sempre più forti e laceranti, che si rivelarono troppo tardi un’appendicite trascurata e divenuta peritonite[…] Quei dolori crescenti erano stati per lui un’offerta, un dono per la gente di Concesa e per il suo ordine religioso» (Mons. Ennio Apeciti, introduzione a Mauri, Prediche e meditazioni p. VIII).
L’ esuberanza affettiva rimane intatta anche nei mesi di settembre e di ottobre dello stesso 1937. Scrive alla zia Giulia, sua confidente privilegiata da sempre, a pochi giorni dalla diagnosi fatale:
L’ammissione di essere «un pochino sofferente» e «dimagrito molto», trova conferma in un tessuto grafico connotato da indici di difficoltà nel mantenere il controllo della motricità fine; indici non giustificati dalla giovane età, e dunque imputabili all’aggressione della malattia. Mentre ragguaglia la zia per filo e per segno sui pesanti problemi di salute che lo affliggono, ne sdrammatizza la portata e le chiede a di non parlarne in famiglia. (Benedos, dall’analisi della lettera alla zia Giulia del 14 ottobre 1937, p.98)
«Vi raccomando però di far sapere nulla di tutto questo ai miei a casa, perché si allarmano e spaventano per cose da nulla, son venuti giù tutti a Concesa mentre invece c’è niente di grave, bisognerà che porti un po’ pazienza io e la porterò volentieri per dimostrare al Signore un po’ di riconoscenza per le tante tantissime grazie che mi ha fatto chiamandomi allo stato religioso e sacerdotale» (lettera del 14.10.1937, alla zia Giulia).
Dopo aver rivelato in tutta semplicità di aver ricevuto «tantissime grazie dal Signore» che l’ha chiamato «allo stato religioso e sacerdotale», riafferma la sua vicinanza spirituale alla cugina, suor Emanuela, e si congratula con la zia, sempre nella stessa lettera, per il suo fisico in forma usando un’espressione talmente colorita da renderci viva e “palpabile” la sua figura: nell’immagine e nell’ aspetto concreto:
«Sono contento che la cura di Salso vi ha fatto bene e l’ ho visto dalla fotografia che siete ben messa e grassa» (3.40b del 14.10.1937 lettera alla zia Giulia, p. 4).
Possiamo immaginare, dal perturbamento grafico visibile nei sette fogli scritti negli stessi giorni di ottobre, la fatica mentale, emotiva e fisica nel preparare quella che sarebbe stata la sua ultima predica, in vista della festa della beata Maria degli Angeli, carmelitana torinese (1661-1717).
Di fatto, il giovane Benigno sta resistendo – da combattente – all’assalto violento del male. Con sentimento oblativo, con trasporto passionale e sforzo di controllo razionale.
Immutato, anzi arricchito, in questo momento di grave sofferenza, il patrimonio di talenti interiori temperamentali ed affettivi di valore che già possedeva – in abbondanza -, nel periodo seminaristico, generosamente resi disponibili o al contrario trattenuti-mortificati per adesione ai criteri imposti dalla cultura ecclesiastica e/o dalla società dei primi del ‘900.
Il concetto cardine proposto in questa predica è quello dell’imitazione: della Beata Maria degli Angeli e di Santa Teresa d’Avila, che accettarono le proprie sofferenze con l’amore generoso e appassionato delle spose, a immagine e somiglianza dell’amore di Gesù Cristo per l’umanità.
«Nell’ora della tribolazione dobbiamo ripetere con la S. M. Teresa (d’Avila): Niente ti turbi, ti spaventi, tutto passa e resta il Paradiso»
L’appartenenza all’ordine dei carmelitani rende familiare, del resto, il tema della morte e la prospettiva della salvezza; lo si legge sia in questo Quaderno di appunti omiletici, sia in altre riflessioni.
Cartolina Piacenza 16-3-34 indirizzata al signor Francesco Calvi, Magazziniere, in Milano con raffigurato S. Giovanni della Croce:
«Carissimo papà, una volta tanto un saluto non stà male – Io stò bene e voi? Saluti allo zio Giovanni ed anche al vostro Ingegnere [probabile capo del papà]. Un bacio dall’aff.mo figliolo f. Benigno o.c.d».
Mamma Teresa, devota a San Giuseppe e alle anime sante del Purgatorio, ha lasciato questo mondo in giorno di mercoledì, mentre era sulla breccia, come una sentinella nell’adempimento del proprio dovere. Colpita da paralisi cardiaca, cadde a terra mentre stava preparando il desinare alle figliuole per quando sarebbero tornate dal lavoro.
Fu la figlia Maria che vide la Mamma stesa bocconi a terra e borbogliando la chiamava: «Maria, Maria! » Era una donna semplice nei modi e nella vita; lavoratrice indefessa; madre amorevole allevò ben otto figli che il Signore le mandò e che accolse con gioia: offrendone due ancora in tenera età, che angioletti ritornarono a Dio.
Nessuno può descrivere la gioia del cuore dì Mamma Teresa quando il figlio Angelo, nell’ardore della sua giovinezza, una sera le confidò di volere intraprendere la via del Sacerdozio ed entrare nel Carmelo. Conscia della grandezza della chiamata che il Signore fa alle anime, si guardò bene dal distogliere il figlio dalla vocazione ma lo incoraggiò e lo seguì sempre con le sue preghiere, perché il Signore concedesse sempre i Suoi lumi a questa suo figliuolo ed egli sempre rispondesse alla chiamata di Dio con una vita santa.
Quando il Signore chiamò a se P. Benigno, e tutti i sogni umani crollarono. Mamma Teresa «non siarrabbiò con il Signore, ma. generosa nella rinuncia, offrì a Lui il suogrande dolore. Mamma Teresa era veramente una donna prudente. Dovendo vivere, in famiglia, come si usava una volta insieme a cognate e a cognati, e dovendo farda capo di una grossa famiglia, seppe tacere e comprendere.
E questa norma dì vita la usava ancheverso il suo prossimo; tanto che di Lei sì poté dire: “mamma Teresa non conosceva il pettegolezzo “. Più tardi quando i figli si sposarono e Mamma Teresa divenne suocera, con la generosità del suo cuore e la saggezza e umiltà dei suoi consigli, fecedimenticare la sua condizione di suocera per esse sempre per tutti ancora una mamma: Mamma Teresa.
Teresa Calvi Ceserani, malgrado tutte le prove sopportate durante la sua vita, è rimasta come esempio di una madre piena di fede antica. Era una volontà di anima cristiana che fa tutto sottostare alla Volontà di Dio. E negli ultimi tempi non mancavadi ripetere sovente; « Il Signore m’aiutasempre; non sono maistata cosi bene come ora! Se il fatto della morte è stato improvviso per Mamma Teresa, non è stata improvvisa la morte stessa, in quanto che vi era preparata.
Tutti i giorni, infatti, si accostava al Sacramento Eucaristico, come anche al mattino della sua morte aveva fatto la Santa comunione. Tutti siamo persuasi, specialmente coloro che hanno conosciuto la carità di Mamma Teresa, di incontrarla un giorno, ,nel giorno che incomincerà per tutti la vita vera, nella carità perpetua: cioè nell’amore di Dio. (Padre Leone o.c.d.)
BIOGRAFIE, LIBRI E SCRITTI SUL SERVO DI DIO PADRE BENIGNO CALVI
Pochi giorni dopo la sepoltura solenne di padre Benigno avvenuta a Concesa il 27.10.1937, il padre Provinciale padre Pier Tommaso Tramelli invita a raccogliere tutti gli scritti di P. Benigno.
Nel febbraio 1938 il convento di Milano pubblica la “Rosa di Lisieux”: un numero completamente dedicato alla sua memoria, con articoli scritti dai suoi compagni.
Il 25 ottobre 1938 si celebra solennemente il primo Anniversario della sua morte .Dopo la messa solenne dell’Ufficio, il padre Provinciale, P.T. Tramelli, i confratelli di Legnano, Monza, Milano, insieme ai parenti e a molti fedeli, si recano al cimitero di Concesa per pregare sulla tomba. Anche in Parrocchia si canta un ufficio funebre e, a sera, si va in processione al cimitero con numerosi fedeli. Da allora la comunità ogni anno celebra solennemente ogni anniversario di morte.
Passano gli anni e la sua tomba è sempre adorna di fiori: “ Era amatissimo dai suoi congiunti, sempre vicino alle famiglie, animava i giovani nella catechesi, era un riferimento per le madri che faticavano ad allevare ed educare i numerosi figli in un ambiente povero e segnato dalle epidemie ricorrenti. In ogni famiglia vi era un suo ritratto.”
Nel mese di Marzo del 1947 – p. Eusebio, Provinciale, scrive al priore di Concesa p. Aurelio, per invitarlo a realizzare, una volta terminata la raccolta degli scritti di padre Benigno- un ulteriore lavoro.
Dal 1945, molti padri partono per la guerra come cappellani militari; fra questi, padre Gerardo Bongioanni. La Provincia si trova priva di validi elementi, e così, gli anni trascorrono senza incisivi interventi utili ad aprire una eventuale causa di Canonizzazione.
Nei primi anni Ottanta arriva a Concesa padre Gerardo che conosce Benigno da quando era studente a Piacenza. Un giorno, in occasione della ristrutturazione di un’ala del convento, trova in un baule due relazioni sulla vita di padre Benigno, scritte a mano da due confratelli.
Oltre ai due manoscritti trova documenti, testimonianze di familiari, amici, confratelli, e la corrispondenza con l’ ordine, impartito a suo tempo dal Provinciale al priore del convento di Concesa, di iniziare il processo diocesano, Con entusiasmo p. Gerardo chiede il permesso al p. Generale, e la Postulazione dell’Ordine prepara la documentazione necessaria tra l’ottobre del 1990 e il marzo del 1991. Il cardinale Carlo Maria Martini, apre il processo diocesano il 27 ottobre 1991.
Escono in quel periodo, proprio in occasione dell’apertura del processo diocesano, le prime biografie del Servo di Dio, scritte con intento divulgativo. Seguono altre biografie a cura della Vice Postulazione: “L’Anima ed il cuore del Servo di Dio” e “Santo senza saperlo”.
Nell’epilogo della biografia “Padre benigno calvi – Il profumo del Carmelo” si legge: […] Avremmo dovuto narrare dei funerali di P. Benigno che furono imponenti, partecipati, lutto per tutta Concesa, per Inzago e per la Provincia lombarda; un vero trionfo per lui. [..]. Dire come la sua tomba, dopo cinquantadue anni, è sempre coperta di fiori freschi e come lui è rimasto lì, nel Cimitero di Concesa, anche quando negli anni ’60 i Padri hanno costruito per i loro defunti un sepolcreto presso il Santuario, perché quelli di Concesa non hanno voluto che P. Benigno fosse loro tolto […].
Il 30 ottobre 1993 c’è la chiusura del Processo Diocesano con il card. Martini, nella chiesa parrocchiale. La traslazione della salma dal cimitero di Concesa in Santuario avvenne invece la domenica 2 aprile 1995 con la presenza dell’ arcivescovo mons. Loris Capovilla, già segretario di Giovanni XXIII, e in seguito cardinale. Numerosa, la folla che partecipa al corteo per riportarlo a casa, nel suo Santuario, dove riposa sotto l’altare dedicato a Santa Teresa di Lisieux.
Per agevolare l’informazione a laici, sacerdoti, religiosi e vescovi nasce nel 1991 “Il Sorriso di padre Benigno”: bollettino bimestrale, pensatoper fare collegamento con i devoti, per farlo conoscere sempre di più con un’ampia diffusione, e per incoraggiare la richiesta di grazie utili alla sua Beatificazione. Ora l’edizione del bollettino viene seguita dalla Vice Postulazione della Provincia Lombarda dei Carmelitani Scalzi, con una nuova denominazione: “Il Sorriso di Padre Benigno e altri Volti del Carmelo”. Si legge nella parte finale dell’Epilogo: […] Un giorno, se il Signore lo vorrà, questa cronaca diverrà storia di salvezza e allora altri ne parleranno […]
Angelo Lecchi, efficace sostenitore della causa di Padre Benigno
Altri ne parlano e discutono all’Università Cattolica di Milano nel corso della tesi di laurea di Lucia Leone. Scrive P. Teresio Raiteri o.c.d. […] siamo grati fin da ora alla ricercatrice Lucia Lione dell’Istituto di Scienze Religiose di Milano che ha scelto di presentare la sua tesi di laurea sulle Omelie del Venerabile P. Benigno, relatore: mons. Ennio Apeciti, altro grande amico della causa. Attendiamo con interesse il risultato di questa ricerca che potrà aprirci nuovi orizzonti spirituali […]
Anche il Centro Culturale Lumen Gentium di Pozzo D’Adda inserisce nei suoi programmi una serata dedicata a padre Benigno Calvi: con la presenza della Dott.ssa Lucia Lione che legge e commenta alcune prediche. Alla fine dell’incontro il pubblico chiede che le omelie di p. Benigno vengano rese disponibili ad un pubblico più vasto.
Un piccolo gruppo di volontari e devoti frequentatori del Santuario chiede a Padre Pio Janes, Priore del Convento, la possibilità di trascrivere alcuni testi direttamente dai quaderni originali di P. Benigno. L’idea è che con questi manoscritti conservati in convento, nella cameretta di Postulazione, si possa fare una piccola antologia, accostando le immagini, già pubblicate a episodi sul bollettino “Il Sorriso di Padre Benigno”, ma mai raggruppate in un video con sequenza cronologica.
Si lavora quindi a un volumetto e a un DVD di fotografie per allestire una mostra in Concesa, nella chiesetta sconsacrata, in occasione del 105° anniversario della consacrazione della chiesa Parrocchiale e della ventesima Festa dell’Assunta 2016 della Comunità Pastorale S. Gaetano Parrocchia S. Maria Assunta. E si organizza, grazie all’ausilio di questo materiale, un incontro sulla figura del Venerabile padre Benigno Calvi nella Parrocchia e nel Santuario Divina Maternità?
Il 2 settembre 2016, una conferenza-presentazione su padre Benigno con tema: Relazioni, testimonianze, attese e speranze. Molte persone si ritrovano in chiesa per ascoltare Cristian Bonomi e Vincenzo Sala, due relatori esperti di storia locale, padre Pio Janes, Don Gaetano Gallazzi, con la moderazione di Eleonora Mauri, e assistere alla proiezione del video Cd: Padre Benigno e Concea.
Sabato 3 settembre curata da Mario Fordiani viene inaugurata la mostra nella vecchia chiesa :Terra di Concesa, profumo di Santità, Padre Benigno Calvi. In occasione di questa mostra don Enrico Petrini già parroco di Concesa dal 4 maggio 2005 al 2010, consegna a Mario Fordiani un bigliettino con il numero di telefono di Mons. Umberto Oltolini, canonico della Basilica di S. Ambrogio di Milano – interessato alla figura di Padre Benigno.
Un ulteriore e importante impulso viene dalla trasmissione radiofonica RADIO MARIA nel programma: “La Catechesi di Radio Maria” rubrica condotta dallo Studio di Angelo Figurelli, in onda la sera del 4 aprile 2016. Nel momento dedicato alle domande degli ascoltatori, Angelo Figurelli apre l’intervista con la testimonianza telefonica di Eleonora Mauri, devota e sostenitrice di padre Benigno e curatrice del testo“Prediche e Meditazioni”.
Gianna Forlizzi, nella rassegna Bibliografica pubblicata nel Quindicinale Civiltà Cattolica 4011-4012 del 2017 scrive: “Mons. Ennio Apeciti, nell’introduzione alle prediche, ricorda le sollecitazioni ricevute nel 1990 da P. Gerardo Bongioanni affinché avviassero le cause di beatificazione e di canonizzazione. Il convincimento definitivo della santità del frate gli derivò dalla testimonianza toccante della gente del posto che a distanza di anni dalla sua morte aveva ancora grande cura della sua tomba, e dalla lettura di una biografia scritta da una anonima carmelitana: elementi comprovanti, afferma mons. Apeciti, che “la santità ha la caratteristica di non scendere nell’oblio” [..]la nota di aperura di Eleonora Mauri riferisce che le 34 prediche del volumerappresentano una selezione tra le 80 annotate dal frate e riordinate dallo stesso P. Bongioanni.
Grazie al numero telefonico avuto da don Enrico Petrini, Mario Fordiani si reca da Mons. Umberto Oltolini che gli racconta la sua esperienza di Vieste. In questa cittadina pugliese ha infatti a presentato “C’era un ragazzo prete”, libro sul sacerdote don Antonio Spalatro, viestano, morto nel 1954 a soli 28 anni, e il cui processo di beatificazione iniziato nel 2005 è tutt’ora in corso, con decreto di: “Servo di Dio”.
L’autrice del libro in questione, Lucia Benedos, perito grafologo, offre con questo studio “una chiave di lettura del processo di maturazione del giovane prete vissuto anni fa… da un punto di vista davvero insolito”. La storia di don Antonio, giovane sacerdote-parroco pugliese ha molta somiglianza e attinenza con il nostro giovane carmelitano lombardo, fra Benigno, anche lui viceparroco in Lombardia, e di cui don Oltolini aveva sentito parlare quando era coadiutore in Inzago. “La grafia vive nel tempo e comunica anche ciò che non si riesce a verbalizzare: il grafologo interpreta il messaggio dello scrivente indipendentemente dalla sua presenza fisica, pur riconoscendo i limiti legati alle ipotesi di lavoro e alla pretesa di decifrare l’enigma umano”.
Successivamente, Mario Fordiani incontra Lucia Benedos per illustrarle la figura di Padre Benigno. La grafologa ne rimane subito catturata non solo per la somiglianza tra la vita di don Antonio e quella di padre Benigno, ma anche per i brevi cenni raccontati dal Fordiani, sulla vicenda umana e spirituale del giovane frate carmelitano. Da questa conversazione entrambi intravedono l’iniziativa di approfondire la conoscenza di padre Benigno dalla sua grafia, dal momento che l’archivio di Concesa custodisce tutti i documenti originali manoscritti della Postulazione.
Con Lucia cresce il gruppo “Amici di Padre Benigno”, nato per ravvivare l’interesse e la devozione per il giovane Padre, che mai è venuta meno, viste le continue richieste di grazie e le suppliche scritte sul quaderno appoggiato sulla balaustra, accanto alla sua tomba in Santuario.
A seguire, si organizzano degli incontri, partendo dal suo paese natale: Inzago. Da Il Sorriso di Padre Benigno e altri volti del Carmelo: “ Terra di Inzago, profumo di santità” […]. Con questo titolo la locandina presenta un’iniziativa molto bella e ricca di novità sulla figura del venerabile p. Benigno. La sera del 15 Marzo 2017 nel salone dell’oratorio ha luogo un interessante incontro per far conoscere alcuni tratti della spiritualità e della sua testimonianza spirituale e religiosa. La parrocchia: S. Maria Assunta e S. Maria Ausiliatrice ad Inzago, paese natale del venerabile p. Benigno (Angelo Calvi). Relatori: Claudio Mazza, Eleonora Mauri , Marco Cereda, e Lucia Benedos. Molti i presenti, tra cui p. Attilio Viganò Provinciale dei Carmelitani, p. Pio Janes, priore di Concesa, p. Antonio Sangalli vice postulatore della Causa, il parroco Don Antonio Imeri, Don Alessandro Maggioni, il sindaco del Paese, nipoti e parenti di Padre Benigno e alcuni conoscenti che hanno avuto i nonni contemporanei del padre Benigno.
Ad Inzago, oltre a questo incontro, viene allestita una nuova mostra tutta digitalizzata, su pannelli offerta da Colombo – Tecnocopy Adda. Il vice postulatore della causa di Beatificazione, padre Antonio Sangalli informa sul presunto miracolo ancora al vaglio del Processo.
Riportiamo la vicenda di Manuel Santa Maria descritta nel “ Sorriso di Padre Benigno, numero speciale di Marzo-Aprile 2004
“Il 7 ottobre 1990, la canossiana M. Angelica De Piazza, su invito della sig. Dekker si reca alla clinica Damay a trovare Manuel Santa Maria cui era stata diagnosticata la “sclerosi multipla”, considerato senza speranza alcuna di guarigione: voleva confortarlo epregare per lui. Lo trovò in condizioni disperate, paralizzato agli arti inferiori e nelle funzioni epatiche, psicologicamente distrutto nel timoredi dover lasciare i quattrofigli, di cui uno neonato, senza risorse economiche.
M. Angelica, che aveva ricevuto da casa notizie sull’apertura del processo diocesano di P. Benigno, da lei conosciuto ragazzo, perché abitava nella stessa cascina, invitò i presenti a rivolgersi a lui e mise sulle parti malate di Manuel una reliquia di p. Benigno.
Lasciamo al protagonista la descrizione di quanto avvenne: “La reliquia fu applicata alle mie gambe sofferenti e noi (mia moglie, i miei vicini Sig, Dakker e la Madre ci mettemmo a pregare senza interruzione, per ottenere la grazia. I medici, tutti non cristiani, se ne stavano in disparte, osservando la nuova terapia. Il caso, ammettevano, andava oltre le loro possibilità. Quasi immediatamente ho avvertito un nuovo impeto di vita correre attraverso le gambe inerti: stavano diventando ancora vive! Potei girarmi subito nel letto, potei sedermi, potei rimettermi in piedi. I medici, stupiti, mi ammonivano di andare adagio. Se tutto andava bene, la ripresa sarebbe durata a parer loro almeno sei mesi.”
Dimesso dopo alcuni giorni, il 2 novembre, neppure un mese dopo il ricovero mi sento di riprendere il lavoro e do una mano per un impianto elettrico in un ristorante nuovo. Partii allora con mio fratello per la lontana Kuala Lampur, per una settimana di lavoro, sempre in piedi e senza alcun disagio. Sono sicuro che si sia trattato di un vero miracolo operato per la potente intercessione di P. Benigno!”
M. Angelica De Piazza, conobbe Angelo Calvi fanciullo. La sua mamma, Sig. Niny, si prestava volentieri a scrivere e leggere le lettere di P. Benigno a mamma Teresa, analfabeta. Fu da lui amorevolmente seguita nella sua ultima malattia. Quando M. Angelica si fece canossiana e partì per la Cina, P. Benigno le promise la sua preghiera ogni giorno e conservò la lettera di congratulazioni di M. Angelica per la sua Ordinazione sacerdotale.
Nel 1989 i fratelli De Piazza inviarono a M. Angelica, ormai missionaria in Malaysia, dopo l’espulsione dalla Cina, la biografia «Il profumo del Carmelo», dove questa sua lettera era riportata. Con il libro inviarono pure immagini e reliquie di P. Benigno. Fu così che la missionaria, si portò al letto di Manuel Santa Maria con la certezza che P. Benigno non sarebbe venuto meno alla promessa di intercedere sempre per le sue necessità presso il Cuore del Signore. A Lei il nostro grazie, per la perfetta organizzazione e riuscita per il processo sul miracolo, ma soprattutto per l’amore e la costanza con cui da anni lavora per far conoscere ed amare P. Benigno in tutto l’Estremo Oriente.
Continua nella nota Padre Teresio: Questa straordinaria guarigione fu subito segnalata da M. Angelica a P. Gerardo, che a sua volta informò il Postulatore Generale, P. Simeone delle S. Famiglia, che consigliò di seguire il caso e di raccogliere tutti i referti medici, che erano prodotti sistematicamente ogni anno dai controlli effettuati. Era, infatti, necessario verificare nel tempo la consistenza della guarigione.”
Nel 1997 ebbi modo di recarmi a Malakka, conoscere personalmente i protagonisti della vicenda e raccogliere tutto il carteggio. Nel 2002, passati ormai 12 anni dalla guarigione, dopo aver sentito il parere del dott. E. Ensoli medico della Congregazione dei Santi, è sembrata prudentemente fondata la richiesta, fatta al vescovo locale di istituire il processo diocesano sul miracolo.
Delegato del nuovo postulatore generale dell’Ordine, P. Idelfonso Moriones, mi portai in Malaysia non senza preoccupazioni, perché organizzare un processo canonico nella lontana isola non lasciava sonni tranquilli, ma la Provvidenza è venuta incontro con la disponibilità di mons. Ennio Apeciti delegato per le cause dei Santi della diocesi di Milano, che si trovava sul posto per predicazione di esercizi, e che ha messo a nostra disposizione tutta la sua provata competenza canonica e tecnica. M. Angelica, (95 anni allora, oggi 97, sempre fiduciosa di vedere il suo p. Benigno sugli altari prima di volarsene in Cielo!), ritiratasi in una casa-infermeria del suo Istituto, dal momento che non è più autosufficiente, ma integra in tutte le sue facoltà mentali, ha messo in moto le sue superiore e consorelle per un soggiorno veramente confortevole e per gli spostamenti di 150 Km per gli interrogatori di tutti i testi.
La stessa famiglia di Manuel Santa Maria non ha lesinato tempo e mezzi per portare la sua convinta testimonianza. La diocesi ha dato piena collaborazione, coinvolgendo persone responsabili e gioiose di contribuire al bene della Chiesa e del nostro Ordine, nominando Presidente P. Sebastian Francisco, un sacerdote diocesano, che avendo studiato a Roma diritto canonico parlava molto bene l’italiano, quindi ottimo interprete.
Promotore di giustizia, mons. Apeciti, un affermato giornalista, notaio aggiunto (in loco) una validissima segreteria. Diciotto i testimoni citati, mentre all’inizio del processo è stato interpellato un medico esperto nella malattia sofferta da Manuel, che è stato sottoposto alla visitadi due specialisti, e che hanno certificato la sua attuale, buona condizione di salute. Attualmente le carte del processo sono ancora al vaglio degli studiosi e degli ufficiali della Congregazione per le Cause dei Santi a Roma. Manuel Santa Maria
Continuano gli eventi, a Colnago (Mi)
Martedì sera 28 marzo 2017, accanto alla Chiesa parrocchiale di Colnago presso la sala S. Carlo, in piazza S. Alessandro, replica dello stesso incontro con un altro numeroso gruppo di persone, tra cui don Michele Galbiati, P. Antonio Sangalli, attratte dal desiderio di approfondire la conoscenza di P.Benigno.
“Il santino di Concesa” e di ascoltare la testimonianza di un cammino di santità ancora attuale ai nostri giorni. La mostra e gli argomenti dei relatori sono stati molto apprezzati. Incredibile il numero di fotografie scattate e conservate in un periodo (1910-1937) in cui i moderni mezzi di comunicazione non solo non esistevano, ma erano inimmaginabili!
Come per il primo incontro ad Inzago, le reazioni sono state positive e favorevoli alla diffusione di questa iniziativa. Da parte sua, il padre vice postulatore p. Antonio ha stretto una buna relazione con il Gruppo fautore del progetto divulgativo, per una reciproca collaborazione basata anche sullo studio della scrittura, da estendere alle altre Cause di cui ora si sta occupando all’interno della Provincia carmelitana e dell’Ordine. La scienza non è mai opposta alla fede, ma quando è vera e seria è un potente ausilio per renderla più luminosa comprensibile nei suoi accadimenti.
A Cassano Valcuvia (Va) scrive padre Antonio Sangalli: “ La serata del 2 Maggio 2017 ha visto partecipare i padri, al termine della cena, ad una ricreazione “impegnata” trascorsa nell’ascolto della rievocazione della figura del nostro confratello il Venerabile Padre Benigno Calvi di Santa Teresa di Gesù Bambino. Il gruppo “Amici di padre Benigno” nato nel nostro convento di Concesa ha intrattenuto in modo appassionato l’assemblea fino a tarda sera.
Domenica 23 ottobre 2017, in occasione del 79° anniversario della morte di P. Benigno. Il maestro Alberto Maria Motta ha diretto e animato la cerimonia eseguendo la Missa in G – D 167 di F. Schubert, con coro strumentale e vocale della Cappella Musicale del Santuario.
Sabato 28 ottobre 2017: presso la libreria «il Gabbiano» di Trezzo sull’Adda. La curatrice del testo, Eleonora Mauri, ha fatto risuonare in libreria le parole precise scritte da padre Benigno Calvi sui vari quaderni di preparazione delle OMELIE, e con queste, i commenti sull’attualità del suo messaggio cristiano. L’atmosfera è stata riscaldata dalla recita di passi significativi, dai commenti alle grafie, dalle notizie e dagli aneddoti storici presentati dal giornalista.
Domenica 29 ottobre 2017: presso il Santuario Divina Maternità di Concesa. A testimonianza dell’attrazione che padre Benigno continua a suscitare sulla gente che frequenta il Santuario di Concesa, sono stati depositati davanti all’altare, per l’occasione, i quaderni di suppliche scritti dai fedeli nel corso degli anni. Le numerose invocazioni rivolte a fra Benigno a 80 anni dalla sua morte attestano tutt’ora, nella loro concretezza, la memoria impressa nel vissuto della sua comunità. In queste domande di aiuto e di protezione nell’affrontare i mali che ci affliggono nel corpo, nell’ anima, negli affetti di coppia e familiari, e che investono la precarietà del nostro esistere quotidiano e sociale, la sua figura è stata spesso associata alla Madonna e a Santa Teresina del Bambin Gesù.
Dai pensieri scritti che toccano il cuore perché sono propri di ogni momento di fervida preghiera e di supplica fiduciosa per implorare la grazia, il riferimento principe dei relatori è stata la PREGHIERA di intercessione e di domanda, in quanto dialogo d’amore e solidarietà, di impegno emozionale attivo e di richiesta di senso.
Mons. Umberto Oltolini ha dato un particolare risalto alle richieste di aiuto spirituale e di solide figure-guida, che quotidianamente giungono dai giovani studenti “metropolitani”. Ha ricordato il comportamento esemplare dei due giovani sacerdoti fra Benigno Calvi, lombardo, e don Antonio Spalatro, pugliese, entrambi morti a 28 anni dopo pesanti sofferenze. Ha proposto come richiamo-esortazione l’esempio di vita dei due personaggi, non solo in quanto modelli religiosi ma anche in quanto modelli umani, proprio perché portatori di virtù -pregi intramontabili quali: la fedeltà alle promesse, la perseveranza, il legame con la propria terra, la propria famiglia e le tradizioni, la semplicità, la grandezza e la tenerezza del cuore, la vicinanza agli ultimi, il totale affidamento alla volontà di Dio.
La concelebrazione della Messa che ne è seguita ha unito la comunione delle anime. Al Termine della Santa Messa i concelebranti si portano davanti alla tomba del Servo di Dio Padre Benigno e dopo aver letto la preghiera di Beatificazione, viene impartita la solenne benedizione.
Per due anni, dal n. 4 del 2017, al n. 6 – 2019 Lucia Benedos ha tenuto compagnia agli abbonati del bollettino “Il Sorriso di padre Benigno e altri volti del Carmelo” descrivendo il carattere e la spiritualità di padre Benigno dall’esame della scrittura:
Sulla base dell’esame grafologico dei vari documenti manoscritti da fra Benigno dal 1926 al 1937 e osservati in originale per gentile concessione del convento di Concesa, ho cercato di ricostruire il cammino affettivo, spirituale, di rapporto con i confratelli e con la propria gente.
La scrittura rimanda immediatamente al soggetto che scrive e, nello stesso tempo, all’ambiente culturale, agli aspetti sociali, alle direttive politiche in cui il messaggio scritto trova la sua ragione di essere.
Ciò che preme qui, e che ha motivato questo lavoro “a puntate”, è tentare di comprendere in quale modo, nell’arco di 11 anni, Angelo abbia cercato un altrove e un altrimenti, rispetto a quello che era il suo presente” (Lucia Benedos – Perito grafologo – Ass. Grafologica Italiana – Sez. Lombardia)
Le puntate sintetiche hanno anticipato l’uscita di un volume pubblicato con l’ autorizzazione della Comunità Carmelitana della Provincia Lombarda. Il libro: “Io voglio andare a frate”. Segni grafici di fedeltà al proprio sogno/vocazione dalla scrittura di Angelo Calvi – fra Benigno, ed. Velar, 2019.
A seguito della presentazione del 5 Febbraio 2020, presso la libreria Claudiana di Milano di “Io voglio andare a frate”, un articolo scritto da Monica Autunno, pubblicato su “Il Giorno” del 17 Febbario 2020:
Padre Calvi, la grandezza messa per iscritto. La grafologa forense Lucia Benedos ha studiato stile e linguaggio del frate di Concesa che Trezzo sull’Adda vuole santo. TREZZO SULL’ADDA – L’anima, il pensiero e la vocazione in undici anni di scritti, la grafologa forense e il frate di Concesa che il paese vuole Santo: si intitola “lo voglio andare a Frate” ed è stato presentato nei giorni scorsi alla Libreria Claudiana di via Francesco Sforza a Milano il nuovo straordinario contributo alla conoscenza di padre Benigno Calvi, il fraticello carmelitano vissuto fra il 1909 e il 1937, icona della frazione del santuario. Autrice Lucia Benedos, perito grafologo del Tribunale di Milano, membro dell’Associazione Italiana di grafologia e autrice di libri e saggi. Un volume pregiato che analizza l’evoluzione della scrittura e del linguaggio negli scritti del frate di Concesa dal 1926 all’anno della morte, il 1937. Dunque dai 17 ai 28 anni. Materiale di studio e conoscenza, certo.
Ma il volume andrà anche ad aggiungersi al voluminoso falcione per la canonizzazione, il cui processo prosegue ormai da due decenni. Un incontro “folgorante” quello fra la grafologa e il giovane frate del santuario dei Carmelitani. «Avevo appena concluso uno studio analogo su altro personaggio – racconta la Benedos – quando sono venuta in contatto con la figura di padre Benigno. Ho lavorato per due anni, ma nelle pause dall’attività “normale”». Al cesello quaderni e appunti tutti messi a disposizione dall’archivio del Santuario della Divina Maternità. Qui l’incontro con il gruppo Amici di Padre Benigno «che mi è stato di grande supporto». Un pensiero ad Eleonora Mauri, imprenditrice e studiosa da poco scomparsa, appassionata della storia del frate «che trascrisse le prediche di Benigno e con cui ho avuto un continuo confronto».
Fr. Benigno di S. Teresa di Gesù Bambino – Carmelitano scalzo (Angelo Calvi, 1909-1937)
Sull’analisi grafologica. In lavori come questo l’analisi grafologica è tutt’altro che una mera operazione tecnica. L’esperto cerca la coerenza fra la scrittura e il personaggio, dalle parole scritte arrivano importanti in-formazioni su pensiero, affettività, linguaggio». E Padre Benigno? «Ho riscontrato una grande coerenza nell’evoluzione della sua scrittura. Dei talenti pienamente espressi e sviluppati». Nessun diario. Molte omelie «di grandissimo interesse: su temi vari, l’amore, gli affetti, l’educazione. Era un grande pedagogo, e questo è noto. Mi ha divertito uno scritto in cui se la prende con i genitori che davano ai figli nomi strampalati, inaccettabilmente originali per I tempi», tn uno scritto del 1926 angoscia e timori, «era scoppiato un grande scandalo in seno all’Ordine dei Carmelitani, e si rischiò fa chiusura di tutti i santuari». La scrittura: «A Cherasco i novizi imparavano la bella grafia. La scrittura di Benigno non solo muta negli anni, ma muta a seconda del contesto, di ciò che scrive, e del destinatario». L’ultima predica, e la fine: «Visse la morte con il coraggio di un soldato che va al fronte».
Mercoledì 5 febbraio presso la libreria Claudiana di Milano, via Francesco Sforza,12/A ho avuto il privilegio di assistere alla presentazione del nuovo libro della grafologa, collega e cara amica Lucia Benedos.
“IO VOGLIO ANDARE A FRATE” uno studio sulla vita e sulla grafia di Padre Benigno(Angelo Calvi) Carmelitano Scalzo. Un libro toccante, in cui Lucia ci conduce per mano permettendoci di entrare in contatto con l’interiorità di questo giovane sacerdote, morto a soli 28 anni, attraverso l’analisi grafologica della sua scrittura.
Grazie Lucia, grazie per la generosità con cui ci rendi partecipi dei tuoi studi, grazie per averci permesso, anche in questo caso ,di accompagnarti nella comprensione profonda di questo giovane guidati dalla tua competenza e grazie per averci consegnato una preziosa testimonianza della potenza della grafologia, in cui tutti noi grafologi crediamo profondamente.
In questa foto del 1937 di Padre Benigno con i suoi aspiranti di Azione Cattolica sul sagrato del Santuario di Concesa.
Il padre tiene la mano destra sulla spalla di uno di questi ragazzi, il suo nome è Mario Bassani classe 1925. Mario era uno dei testimoni che lo hanno conosciuto e da lui appreso regole di vita che ha saputo onorare nel corso della sua lunga esistenza.
Era, perché anche lui è salito al cielo, i funerali si sono celebrati nella chiesa di Concesa il giorno di lunedì 8 luglio 2019, aveva 94 anni. L’ho incontrato una prima volta il 24 Maggio nella sala di ricreazione al piano superiore della RSA Ovidio Cerruti di Capriate S. Gervasio e un pomeriggio del 4 giugno 2019. Mai però avrei pensato che un mese dopo ci avrebbe lasciato. Aveva lucidi ricordi, e li raccontava con una parlata lenta, ma questa era una sua caratteristica “ pensava sempre quello che doveva dire” e cominciava raccontando: “Allora”…
Avendo scoperto tra le foto esposte alla mostra di Concesa il nome di Mario Bassani segnalato da qualche persona anziana, ho voluto per questo incontrarlo e raccogliere i suoi ricordi su Padre Benigno: “Avevo dodici anni quando padre Benigno morì, ma ricorda ancora le lunghe passeggiate o le uscite da Concesa con mete alla Madonna del Bosco oppure a Caravaggio (sempre a piedi) e quando in quelle occasioni lui doveva raccogliere i maggiolini dagli alberi lungo il percorso per i merli di padre Beniamino”. Padre Benigno gli aveva dato questo compito, ma anche di portare sempre con se il pallone che aveva avuto in regalo dai suoi genitori.
Benigno sapeva quanto fosse importante il gioco per la crescita di quei ragazzotti, aveva sviluppato molta devozione per Don Bosco, e spesso ne seguiva il metodo educativo, meritando il rispetto e la loro riconoscenza. I ragazzi che frequentavano l’oratorio erano circa una trentina tutti seguivano il catechismo e molti si erano iscritti all’Azione Cattolica divisi in aspiranti ed effettivi. Spesso dopo l’oratorio si ritrovavano nella piazza Grande di Concesa, così si chiamava allora l’attuale Piazza ora dedicata ad Alberto Cereda, quel ragazzo nella foto, in piedi sulla destra di Mario con le due mani sulla spalla dei suoi amici. Alberto già partigiano fu fucilato dai tedeschi nel mese di maggio del 1944 in un paese piemontese: Varallo e in quel cimitero riposa tutt’ora…
I ricordi di Mario Bassani sono poi andati al periodo in cui fu assunto dall’Impresa Lodigiani per l’escavazione della Galleria Semenza, il periodo era quello della guerra, e per l’economia di Concesa fu una grande e importante opera. Ricordava tutti nomi dei suoi compagni sia di gioco sia di lavoro, ed era ascoltato con attenzione anche dagli altri compagni che sedevano vicino a lui nell’ora di ricreazione, quasi tutti ultraottantenni. Mi ha raccontato molti altri particolari era la memoria storica del paese. Ha lasciato la sua testimonianza in favore di Padre Benigno al Processo Diocesano.
Ricordo che alla fine prima di lasciarci mi disse: “Io nella mia vita, quando ne avevo la possibilità, ho sempre cercato di fare del bene, perché il male ci fa sempre star male”. Possiamo dire per questo che ha avuto in Padre Benigno un bel punto di riferimento.
Padre Tereso Raiteri Eleonora Mauri
Vogliamo ringraziare e ricordare le persone che non sono più fra noi. Con passione hanno speso molte energie, si sono adoperati per diffondere conoscenza e devozione per padre Benigno: P. Gerardo Bogioanni, P. Teresio Raiteri, Angelo Lecchi; anche lei, Eleonora Mauri, da poco ci ha lasciato, vera anima trascinante del gruppo “amici di Padre Benigno” già citata in questa relazione, ma che vogliamo trascrivere il suo pensiero su padre Benigno espresso in Radio Maria condotta da Figurelli Angelo nella serata del 4 aprile 2016 sulla “Vita del Venerabile Padre Benigno”.
Spiegava Eleonora: La mia devozione in Padre Benigno, la devo al compianto Angelo Lecchi che fu il notaio Attuario della sua causa di Beatificazione, me l’ha fatto conoscere e amare. Vorrei introdurmi con una testimonianza personale: due anni fa sono stata sottoposta a un intervento chirurgico, per l’asportazione di una doppia formazione tumorale e mi sono affidata a P. Benigno, ma non gli ho chiesto di guarire, gli ho chiesto piuttosto “che mi togliesse la paura” e devo garantirle non ho avuto paura mai, ne prima dell’operazione neanche dopo, e che ora sto così bene che non mi ricordo quasi più di quello che mi è successo. Io vorrei dire agli ascoltatori di Radio Maria di quanto sia sorprendente quella devozione di cui parlava prima la nipote di Padre Benigno, che la gente di qua, ossia dei luoghi dove lui è nato e vissuto, continua veramente a esprimere e la esprime quotidianamente.
Ormai sono passati quasi ottanta anni dalla sua scomparsa, e sono pochissime le persone viventi che lo anno conosciuto di persona, ma la sua fama si tramanda, si conserva ancora molto bene. L’altare dove riposano le sue spoglie li nel Santuario di Concesa come ha detto la nipote è sempre visitatissimo, ma perché questo, lei ( Figurelli) c’è lo ha spigato nella relazione ed io verrei ritornare un attimo, padre Benigno, non è stato un grande intellettuale ha fatto fatica come lei ha detto molto bene a compiere i suoi studi, non ha fondato ordini religiosi, o fatto opere straordinarie, ma la sua vita spesa alla luce di una fede profondissima nell’esercizio di una peretta carità e contornare speranza in Dio, ha colpito e continua a colpire, colpisce quella sua umiltà, ma soprattutto colpisce quella gioia con cui ha attraversato difficoltà e sofferenza seguendo la piccola via della sua Santa Teresina di Lisieux, una via che in fondo è alla portata di tutti noi.
P. Benigno è semplicemente un innamorato dell’Amore Divino, era innamorato dell’Eucarestia, era innamorato del Carmelo dove è stato chiamato e dove ha trovato la sua Gioia piena, così come noi la possiamo trovare la dove noi viviamo, in fondo p. Benigno colpisce e attira perché è un Santo imitabile nello spirito, nello stile anche se poi noi non siamo sacerdoti, o Carmelitani come lui, ma è un Santo imitabile perché faceva straordinariamente bene le cose ordinarie e allora vi dirò ancora una cosa, quello che lei accenna all’inizio: un paio di anni fa qui a Trezzo, un piccolo centro culturale che si chiama “lumen Gentium, ha dedicato una serata a Padre Benigno perché si era nell’anno della santità e la dott.ssa Lucia Lione, che lei si è una vera studiosa di Padre Benigno, ci ha commentato alcune sue pediche di cui aveva trovato i manoscritti originali nell’archivio del Convento di Concesa con l’aiuto del più grande compianto Padre Gerardo Bongioanni, e se non sbaglio la nipote era presente.
La sala era piena e la platea era attentissima, la relazione della dottoressa Lione era così interessante che dal pubblico sia sorta spontanea la richiesta di poter avere i testi di quelle prediche meravigliose densi di spiritualità, ma anche piene di tanto buon senso pratico, e così da quella sera un minuscolo gruppo di amici si è messo all’opera per farne una pubblicazione, che a breve sarà disponibile perché è già nelle mani dell’ Editore, è già stata presentata da Mons. Apeciti, la personalità che ha dato il via al processo di beatificazione.
In chiusura nel salutarvi dico soltanto agli ascoltatori di Radio Maria di pregare Padre Benigno, perché lui non delude mai.
Angelo Calvi, Il ragazzo che volle andare a frate
Il mondo alle volte sprezza questa nostra vita, guarda con compassione a queste lane, le quali contrastano con le sue gale; a questa povertà che contrasta con la sua libertà; a questa povertà che contrasta con le sue ricchezze e coi suoi piaceri, ma noi stiamo sempre tranquilli, ed indifferenti a tutto ciò che dice e fa di noi, sia che ci ponga a destra e a sinistra e ci tenga nella buona o cattiva Reputazione. La vita religiosa è austera e questa è una verità incontestabile.
Colui che l’abbraccia deve esercitare sopra di se una continua mortificazione. Mortificazione interiore.
(Intervista a fr. Fausto Lincio ocd, Provinciale, maggio 2020).
Le “lane”, nel linguaggio tecnico della vita religiosa, indicano l’abito del frate, un vestito semplice, per certi aspetti povero, di lana grezza (appunto), che da una parte impedisce ogni manifestazione di una ricercata vanità personale nell’abbigliamento (le gale cui Benigno accenna, gli abiti di lusso, della festa, del ballo), dall’altra ricrea all’interno della comunità come una ‘uniformità’ visibile, ben riconoscibile dall’esterno (i frati sono vestiti tutti uguali) ma anche funzionale alla vita del gruppo (diventano come ‘un sol uomo’ nei gesti ordinari della giornata).
Già ai tempi di Benigno, ce lo attesta egli stesso, l’abito religioso era guardato con ‘sospetto’, motivo di giudizio, sempre affrettato, sulla persona che lo portava, come se fosse il segno di una menomazione alla quale l’individuo si era consegnato, la menomazione di poter essere se stesso. Il discorso è serio in tutta la sua portata: oggi, in tempi ben diversi, che spazio danno ai nostri ragazzi le mode che il consumismo impone loro, che spazio di libertà di espressione dell’unicità personale? E’ la stessa cruda domanda che Benigno si sentiva rivolgere dai suoi detrattori, ma anche dagli ammiratori, questi ultimi infatti rischiavano anch’essi, pur nell’espressione di una reverenza all’uomo di religione, di mancare di coglierne la qualità personale sotto le ‘lane’.
La mortificazione cui Benigno accenna nel suo scritto, certo ha a che fare con una virtù inculcata in modo un po’ martellante nell’oratoria e nella morale dei suoi tempi, ma forse più profondamente dice di quel cammino di spogliazione dell’inessenziale che ci portiamo addosso, della dispersione superficiale che rischia di rallentare la maturazione della nostra più consistente umanità, che l’abito nella sua semplice simbolicità ricorda ad ogni religioso che lo indossa. Non lo si porta per fare penitenza, ma per essere costantemente richiamati a lavorare per tirare fuori il vero e il bello unico che ci abita, operazione che paradossalmente (ma non troppo), ci è consentita proprio grazie alla povertà e semplicità dei mezzi esteriori di cui possiamo usufruire: le ‘lane’.
Lucia Benedos – Mario Fordiani
Immagini fotografiche: Archivio Postulazione Convento Concesa, Archivio Mario Fordiani.
Ringraziamenti alla Madre Pia Deromedi Archivio Canossiano Roma.
Alla Figlia Sig.ra Eleonora Mauri – Gallesi Canthal
007 – Edizione Mimep Docete –Padri Carmelitani Scalzi
Presentazione di Mons .Josè Luis GUTIERREZ relatore della Causa di Canonizzazione
2016 – Mimep Docete – NOTA di Eleonora Mauri –
INTRODUZIONE di Mons. Ennio Apeciti
Editrce VELAR – Ottobre 2019 – Lucia Benedos – Io voglio andare a frate
INTRODUZIONE fr.Fausto Lincio ocd – Prefazione Dott. Fermino Giacometti
Presidente Istituto Grafologico Internazionale Girolamo Moretti
Bibliografia
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Gibelli G., La grande guerra degli italiani 1915-1918, Sansoni, 1998;
Goffi T., La spiritualità contemporanea –VIII, Edb, 1987;
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Mauri E. (a cura di), Padre Benigno Calvi, Prediche e meditazioni, Mimep-Docete, 2016.
Mele G., La Martesana e il suo naviglio, Meravigli edizioni 2014;
Moioli G., Scritti sul prete; Glossa, 1990
Truzzi C., P. Benigno, una figura del Carmelo Lombardo, s.d.;
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Semplicità in quaderno Servitium. 154/2004
Bibliografia grafologica
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Moretti G., I santi dalla loro scrittura, Edizioni Paoline, 1975.
Palaferri N., L’indagine grafica e il metodo morettiano, Ist. Grafologico 1986-1999.
Palaferri N., Dizionario grafologico, Ist. Grafologico G. Moretti 2001.
Pulver M., La simbologia della scrittura, Boringhieri 1983.
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1 Cfr. Una Carmelitana Scalza, P. Benigno Calvi il profumo del Carmelo, 1989, pp. 166-167.
2 Ivi, p. 143.
Felicitaciones!!! Hermosa nota sobre la historia .Agradezco inmensamente , mis raíces nacieron allí en concesa.El año pasado tuve la bendición de llegar hasta la casa donde nació mi abuela y trabajó mi bisabuela Colombo.Bellisimo.lugar.Ya volveré con más tiempo para recorrer y conocer detenidamente.Lugar paradisiaco lleno de energía y encanto , mas sabiendo que mi abuela y bisabuela se criaron allí.Gracias!!!!!
Gracias a ti, Liliana!